Coffee lovers
Dimentica i cappuccini serviti con ghirigori e roselline di cioccolato, la Latte Art è una cosa seria. Non parliamo di semplici decori fatti dal nostro barista […]
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I colossi USA della caffeina vogliono convertire milioni di bevitori di tè, a qualunque costo. Ma dall’Italia arrivano l’espresso e il cappuccino democratico, originale made in […]
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Il caffè è una bevanda antica, la si coltiva, la si raccoglie e la si beve più o meno allo stesso modo da migliaia di anni. […]
Nell’immaginario collettivo e soprattutto davanti ad uno scaffale del supermercato un caffè 100% Arabica è per definizione migliore, più buono e più pregiato di una miscela […]
Come abbiamo esportato il caffè, e l’aperitivo, ai francesi.
È mattina presto sulla promenade des Anglais. Il sole già caldo batte sul ferro delle chaises blues, le tipiche sedie smaltate d’azzurro…
Lo spread espresso fra Italia e Germania.
Il caffè i tedeschi lo bevono strano, amaro e bruciato, ed arrivati in Italia sorseggiano cappuccino dopo cena. Ma anche da loro il gusto comincia a cambiare.
Terminal Coffee.
I migliori caffè negli aeroporti internazionali più visitati di questa estate, e altri modi per “ammazzare” il tempo dell’attesa, da Bergamo a Chicago, dall’Harrods Cafè a quello delle pasticceria Ladurée o dell’originale Torta Sacher.
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Non parliamo di semplici decori fatti dal nostro barista per strapparci un sorriso prima che la giornata abbia inizio, ma di una tendenza (internazionale) di veri artisti della crema di latte, in grado di disegnare tutto, o quasi, su un caffè. E di abbattere persino il limite della tazzina, andando in 3D. La creatività italica, si sa, non ha limiti e in un certo qual modo la Latte Art nel nostro Paese è sempre esistita, tant’è che il suo inventore ufficiale, l’americano David Schomer, non nasconde di aver avuto l’idea in un bar di Verona da un barista rimasto sconosciuto. Erano gli anni Ottanta e Schomer di quell’idea ne ha fatto un DVD, poi un libro, e ora corsi, campionati… stili, mode, tecniche…. La più diffusa forma di Latte Art è detta Free Pour, a “schiuma libera” ed è quella, per intendersi, della foglia, della rosetta o del cuore. Si crea un disegno semplicemente (per così dire) usando la crema di latte, daversare dalla brocca con un’ottima manualità e null’altro. Con Topping viene definita l’arte della decorazione con sciroppi alimentari, cioccolato normalmente, che vengono usati per creare disegni geometrici o più creativi. Viene denominata Writing se con il topping ci si scrive una parola, un nome, una frase. La Latte Art è fatta anche di strumenti come stencil per decorare con la polvere di cacao o il classico stuzzicadenti con cui creare disegni più elaborati con la crema di latte. Gli esperti di Etching, disciplina nella disciplina, usano vere e proprie cassette degli attrezzi con micro cucchiaini, punteruoli, spatoline con cui scolpire letteralmente il cappuccino in forme artistiche. Frontiera della Latte Art? Assolutamente no! C’è chi ultimamente ha trovato il modo per stupire persino con decorazioni 3D e cappuccini personalizzati con la tua foto. Praticamente si sono inventati una stampante all’inchiostro di cacao… Il gattino che salta da una tazza all’altra o la giraffa del barista giapponese Kazuki Yamamoto hanno fatto il giro del mondo mentre la connazionale Nowtoo Sugi serve cappuccini colorati con i personaggi dei manga – nella top ten dei Paesi dove la Latte Art va fortissimo al primo posto c’è sicuramente il Giappone. In Asia, ma non solo, ci sono bar specializzati e i clienti vanno lì per le creazioni di Latte Art, più che per il caffè. “In Italia lo abbiamo sempre fatto, ma tanto per cambiare all’estero sono riusciti a farci un business. E sono anche molto più bravi di noi, basta guardare su YouTube” sospira Damian, che dal nome e dalla parlata anglo-italica rivela origini non proprio nostrane. Damian è neozelandese , barman pluricertificato con esperienze internazionali ma da oltre 5 anni è torinese d’adozione e docente di Latte Art all’Accademia Vergnano. Insegna a classi internazionali ma soprattutto vive viaggiando per portare la cultura del caffè italiano nelle caffetterie del gruppo, da Tokyo a Dubai. “Rispetto all’Italia, la patria del caffè, all’estero si bevono molti più cappuccini, quindi fanno più pratica e in fatto di Latte Art sono decisamente più bravi. Ma ciò non significa bere per forza un buon caffè”. Ride, come un napoletano davanti ad una pizza milanese, o un torinese DOC davanti ad un cappuccino cinese. Per creare decorazioni in 3D ad esempio serve una schiuma piena di bolle, ariosa, fredda, scenografica ma sicuramente poco gradevole a livello di gusto. E troppo spesso con il nome di cappuccino vengono definite le più esotiche bevande che poco hanno a che vedere con l’originale ma che vengono spacciate per “very italian”. “Ecco, la mia sfida quotidiana, insegnare a fare l’espresso, quello vero, a qualunque nostro barista, ovunque si trovi nel mondo. Perché se si parte da un espresso cattivo magari si riesce a renderlo bello da vedere, ma non certo buono da bere”. [post_title] => Latteart: è tendenza [post_excerpt] => [post_status] => publish [comment_status] => open [ping_status] => open [post_password] => [post_name] => latteart-tendenza-caffe [to_ping] => [pinged] => [post_modified] => 2013-07-05 09:35:22 [post_modified_gmt] => 2013-07-05 07:35:22 [post_content_filtered] => [post_parent] => 0 [guid] => https://www.caffevergnano.com/blog/latteart-tendenza-caffe/ [menu_order] => 0 [post_type] => blog [post_mime_type] => [comment_count] => 0 [filter] => raw ) [1] => WP_Post Object ( [ID] => 68680 [post_author] => 5 [post_date] => 2013-07-05 11:48:30 [post_date_gmt] => 2013-07-05 09:48:30 [post_content] =>Dalla A di aroma alla Z di zone di produzione, tutto ciò che c’è da sapere sul caffè
A
Acidità: una delle sensazioni primarie del sapore di caffè. Deriva agli acidi organici del caffè ed è più elevata in quelli a tostatura breve e negli Arabica coltivati oltre i 1500 metri. Tale sensazione corrisponde al tempo di persistenza del gusto del caffè al palato. Di solito maggiore è l'acidità, più rapidamente il sapore lascia il palato. Aeropress: recente dispositivo per la preparazione di un infuso di caffè. L’aeropress è composto da un contenitore in plastica in fondo al quale si avvita il filtro, da un pistone e uno stantuffo, interamente di materiale plastico. Il risultato è un concentrato che può essere diluito con acqua calda a piacere. Alcalino: sapore caratterizzato da una sensazione di secco che si avverte prevalentemente al fondo della lingua, dovuto alla presenza di alcaloidi. Amabile: gusto dato dai composti di sapore dolce. È tipico degli Arabica lavati coltivati sotto i 1200 metri. Amaro: gusto tipico del caffè, dovuto alla caffeina. Arabica: è la varietà di caffè più antica e più diffusa: cresce in terreni ricchi di minerali, tra i 600 ed i 2.000 metri di altitudine e si contrappone sostanzialmente alla varietà Robusta. I chicchi dell’Arabica hanno una forma piatta e allungata; il suo caffè è aromatico perché ha oli in maggiore quantità rispetto alla varietà Robusta; più dolce perché ha più zuccheri e meno amaro per il minor contenuto di caffeina. Aroma: si percepisce con un’ispirazione prolungata dei gas che si formano con l’elevata temperatura dell’acqua con il caffè. Nei caffè lavati della varietà Arabica gli aromi sono più pronunciati rispetto a quelli della varietà Robusta. Astringente: sensazione dovuta alla diminuzione dal potere lubrificante della saliva. È riconducibile alla presenza di sostanze tanniche di origine legnosa, i polifenoli, che fanno precipitare la mucina, una proteina contenuta nella saliva.B
Bouquet: profilo aromatico complessivo dato dai gas e dai vapori del caffè sulle membrane olfattive.C
Coffea: genere vegetale che comprende circa 90 specie di piccoli alberi e arbusti della famiglia delle Rubiacee, alcune delle quali sono coltivate per la produzione del caffè. Caffè filtro: detto anche “caffè americano” è uno dei metodi più utilizzati al mondo. La sua invenzione risale a Melitta Bentz che, nel 1908 in Germania, brevettò l’idea. Caffeina: alcaloide, sostanza organica di origine vegetale con gruppi amminici che le conferiscono un carattere basico, presente nelle piante di caffè, cacao, the, cola, guaranà o mate, e nelle bevande che da esse si ottengono. Capsula: piccolo involucro in plastica o alluminio monodose che contiene caffè macinato, da inserire nelle apposite macchine a capsula. Modalità di preparazione dell’espresso sempre più presente anche in Italia. Chicco: definito anche grano di caffè, è ciascuno dei due semi contenuti nel frutto del caffè. Cialda: involucro di cellulosa che contiene una dose preconfezionata di caffè macinato. Ciliegia: frutto della pianta del caffè. È una bacca che contiene i chicchi e che nella fase di maturazione ha un colore rosso. Corpo: livello di percezione piena, di rotondità e di struttura avvertita nel cavo orale e propria delle miscele di buona qualità.D
Dallah: caffettiera tipica delle popolazioni beduine del deserto e utilizzata per la cerimonia di preparazione di caffè. Prodotta in vari metalli, ha una base circolare dalla quale si sviluppa con un collo stretto e un caratteristico lungo becco ricurvo. Decaffeinato: si ottiene eliminando la caffeina dal chicco di caffè. Il più immediato e tradizionale dei metodi per eliminare la caffeina dai chicchi prevede diverse fasi: il caffè non ancora tostato viene trattato con un solvente, come il cloruro di metilene, in modo da estrarne la caffeina, il caffè così decaffeinato viene trattato a vapore, per eliminare completamente il solvente, infine viene essiccato e tostato a una temperatura superiore a 200 °C.E
Espresso: metodo di preparazione che consente di ottenere una bevanda dal gusto e dall’aroma inconfondibili, per circa 25 ml in tazzina. Si ottiene da circa cinquanta chicchi di caffè tostati, macinati e fatti attraversare da acqua alla temperatura di circa 90°, a una pressione di 9 atmosfere, per circa 25 secondi di estrazione. È il metodo tipicamente italiano di bere caffè. Estrazione: nella preparazione del caffè è il passaggio dell’acqua attraverso la polvere di caffè. Vedi anche “percolazione”.F
Fermentato: difetto del sapore del caffè che si traduce in una sensazione acre sgradevole al palato. French press: detto inizialmente sistema della pressa-filtro oppure Melior, è un metodo di preparazione del caffè ampiamente usato nei paesi del Nord Europa. Consiste nell’introdurre, in un infusore cilindrico, acqua bollente e polvere di caffè. Si lascia il caffè infusione per qualche minuto, poi si spinge attraverso un pistone il filtro metallico verso il basso, e si versa il caffè ottenuto. Fruttato: sensazione piacevole che ricorda il gusto della frutta matura o degli agrumi. Si può riscontrare nel caffè di buona qualità con alta acidità.I
Ibrik: bollitore di rame stagnato o ottone, fabbricato artigianalmente, per la preparazione di caffè nel Medio Oriente. Il lungo manico era inizialmente ideato per preparare l’infuso sulla sabbia calda del deserto o sulla brace.J
Jebena: brocca in terracotta smaltata utilizzata per la preparazione del caffè in Etiopia.L
Lavato: caffè che ha subito un trattamento con il metodo in umido destinato a separare i chicchi di caffè dalla seconda buccia e rimuovere i residui di polpa.M
Macinatura: procedimento che permette di ridurre in polvere i chicchi di caffè. Miscela: unione di diverse origini di caffè, differenti per varietà, provenienza e gusto. Moka: varietà di caffè originaria dell’Etiopia, appartenente alla varietà Arabica. Viene usata pura e ha dato il nome alla classica caffettiera italiana, inventata da Alfonso Bialetti nel 1933. Il metodo di preparazione della moka consiste nel riempire di acqua la caldaia, ovvero il serbatoio inferiore, porre il caffè in polvere nel filtro e avvitare il serbatoio superiore. Si mette la moka sul fuoco e quando l’acqua giunge a bollore passa attraverso il caffè e riempie la parte superiore: il caffè così ottenuto è pronto per essere versato.N
Naturale: detto dei chicchi trattati secondo il metodo a secco, che consiste nel lasciare essiccare naturalmente i chicchi al sole. Napoletana: tipo di caffettiera che prende il nome da Napoli, sua città d’origine. Rappresenta l’evoluzione della macchina a capovolgere e si compone di tre parti: quella inferiore, che viene riempita d’acqua, quella superiore, che contiene la polvere di caffè e una volta pronto, il caffè, e un filtro, che si colloca in mezzo. Quando l’acqua bolle, la napoletana va tolta dal fuoco e capovolta, in modo che l’acqua stessa passi attraverso il caffè. La differenza con la moka consiste quindi nel fatto che l’acqua passa attraverso il caffè per gravità, non per pressione indotta.P
Percolazione: metodo di estrazione che consiste nel far passare l’acqua calda attraverso il caffè macinato. È il principio della Napoletana e dell’espresso. La percolazione della moka si ottiene grazie alla pressione del vapore della caldaia, dal basso verso l’alto, mentre con la macchina espresso si tratta di una percolazione con la pressione della pompa (9bar). Picking:tipo di raccolta delle ciliegie di caffè eseguita manualmente dai raccoglitori.R
Raffreddamento: fase finale del processo di tostatura. Permette di preservare all’interno dei chicchi le proprietà e le virtù aromatiche. Ristretto: è un espresso molto ridotto, talvolta fino a poche gocce soltanto. Il caffè preparato in questo modo esprime al massimo l'aroma della bevanda ed ha un contenuto di caffeina piuttosto basso. Robusta: specie e varietà di caffè, denominata scientificamente Canephora, proveniente dall'Africa Occidentale, è oggi largamente coltivata in quasi tutti i paesi della fascia intertropicale dove trova le condizioni climatiche che ne rendono possibile la crescita. Le piante di Robusta prosperano anche in pianura con un’altitudine che varia dal livello del mare fino ai 900 metri in quanto sopportano più facilmente shock termici, malattie e aggressioni da parte di parassiti; per questo motivo tale varietà viene appunto chiamata "Robusta". La temperatura ideale per la sua coltivazione è 24-30 °C.S
Stripping: procedimento di raccolta delle ciliegie della pianta di caffè, consiste nello sgranare il ramo dall'interno verso l'esterno raccogliendo, nello stesso tempo, tutti i frutti insieme.T
Tostatura/ Torrefazione: procedimento cruciale nella lavorazione del caffè. Attraverso la tostatura si fornisce calore ai chicchi, aumentandone la temperatura. Cotti fino a 220°, i chicchi subiscono trasformazioni a livello della struttura fisico-chimica e dell’aspetto. Turco: modalità di preparazione del caffè tipica della Turchia. Si ottiene usando un bricco di rame, o di ottone, dove vengono mescolati insieme acqua, zucchero e polvere di caffè, macinato in modo uniforme e finissimo. Si mescola e poi si lascia depositare la polvere sul fondo, facendo attenzione a non versarla nelle tazzine.V
Varietà: esistono circa 4500 varietà di caffè al mondo ma solo 25 di esse vengono commerciate. Le più rilevanti sono Arabica, Robusta, Excelsa e Liberica. Vellutato:percezione di gusto avvolgente e intenso, dovuta alla quantità di grassi e oli presenti nel caffè.Z
Zone:: il caffè viene prodotto nella fascia subtropicale del globo, in America del Sud, Africa centrale, India del meridionale e isole indonesiane. Fra i Paesi maggiori produttori, Brasile, Vietnam, Colombia e Indonesia. [post_title] => Glossario del coffeelover [post_excerpt] => [post_status] => publish [comment_status] => open [ping_status] => open [post_password] => [post_name] => glossario-del-coffeelover [to_ping] => [pinged] => [post_modified] => 2013-07-05 11:48:30 [post_modified_gmt] => 2013-07-05 09:48:30 [post_content_filtered] => [post_parent] => 0 [guid] => https://www.caffevergnano.com/blog/glossario-del-coffeelover/ [menu_order] => 0 [post_type] => blog [post_mime_type] => [comment_count] => 0 [filter] => raw ) [2] => WP_Post Object ( [ID] => 68684 [post_author] => 5 [post_date] => 2013-07-09 14:30:18 [post_date_gmt] => 2013-07-09 12:30:18 [post_content] =>I colossi USA della caffeina vogliono convertire milioni di bevitori di tè, a qualunque costo. Ma dall’Italia arrivano l’espresso e il cappuccino democratico, originale made in Italy.
Tutto ci saremmo sognati tranne che di vedere la Cina, e l’Asia tutta, invasa dal caffè “taroccato” – da noi occidentali. Eppure il continente del tè sta per essere conquistato dai colossi delle caffetterie USA a suon di bevande che nulla hanno a che vedere con l’originale. Necessario, per sfondare il mercato in nome del profitto e abbattere la barriera del gusto di chi il sapore di espresso deve ancora imparare ad apprezzarlo. Ma a fianco di caffè rosa e dolci come caramelle si fa largo l’espresso autentico e il vero Made in Italy. Il mercato infinito L’Asia è il nuovo business della caffeina, e la Cina la potenzialità più emblematica di questo nuovo, immenso, mercato di consumatori che bevono tè, e solo tè, da 2000 anni. In Cina il caffè infatti proprio non si beve e ancora oggi, nell’epoca della globalizzazione, qui ne bevono in media 1 tazza all’anno, un dato pari allo zero se paragonato alle 700 tazze di italiani e tedeschi, o le 1400 dei finlandesi – i maggiori bevitori di caffè al mondo. Peccato che solo i cinesi siano 1 miliardo e 300 mila e consumino oggi 1/5 del caffè venduto in Finlandia: se bevessero diciamo anche solo 6 caffè a testa, in un anno diventerebbero in un battere di ciglia i primi consumatori da qui alla Luna. Se si somma il fatto che il caffè a livello mondiale è la seconda commodities, dopo il petrolio, fra quelle più vendute, il conto è fatto. Diffondere il caffè in Cina è quindi la strategia per chiunque lavori nel settore ed è anche questo il motivo per cui un prodotto fino a pochi anni fa inesistente all’ombra della Grande Muraglia cresca oggi a tassi che superano il 30% di incremento annuo. Nelle grandi città come Beijing, Shanghai e Guangzhou la media di tazze vendute si aggira oggi sulle 20 procapite e fra la popolazione urbana, giovane e moderna bere caffè è proprio un segno di distinzione sociale, di globalizzazione e di stile. Peccato che il sapore non piaccia davvero. Il caffè è trendy, ma non piace I gusti sono una questione personale o culturale? Un’intera letteratura si è occupata di dibattere su questo tema, fatto sta che in Cina il caffè ha poco a che vedere con un espresso italiano, e persino con un caffè americano. Lo sanno bene McDonalds o Starbucks, sbarcati nell’Impero cinese con format e prodotti ad hoc, “taroccati” per le loro esigenze. Il caffè ha un gusto amaro, troppo, e così lo servono zuccheratissimo, il sapore non piace, e quindi viene anche aromatizzato – nei modo più disparati. Se all’estero i cinesi hanno inventato piatti inesistenti in patria, come il riso cantonese, i biscotti della fortuna o gli involtini primavera, la battaglia delle nuove caffetterie si combatte a Frappuccino ai fagioli rossi – e all’affermazione del nuovo classico di chi vo’ fa l’americano, con gli occhi a mandorla. Originale è meglio (anche per i cinesi) “Sei anni fa, quando sono stata ad Hong Kong per l’inaugurazione della nostra prima caffetteria, sono rimasta sconcertata delle facce di chi beveva un espresso per la prima volta. Lo offrivamo, – ride ancora al pensiero Carolina Vergnano – ma dalle smorfie che ho visto c’è chi avrebbe pagato per non berlo! Per loro quel sapore è troppo forte, amaro, diverso da ciò che conoscono. Per farglielo conoscere è stato necessario fare un percorso”. Occuparsi dell’export di un prodotto non significa solo trasportarlo fisicamente in un altro Paese, ma riuscire a farlo entrare negli usi e costumi di persone diverse “Prima di proporlo nella sua versione più pura, ovvero l’espresso, il caffè va reso comprensibile, attraverso altre bevande affini, come il cappuccino e il latte macchiato” – che infatti è il prodotto più venduto nei Coffee Shop di tutto il mondo. Il cappuccino è democratico Il cappuccino è democratico, perché ha un sapore più comprensibile, anche nella sua versione originale. “In tutte le nostre caffetterie, da Napoli al Qatar, il menù è quello, il caffè è lo stesso, ma abbiamo semplicemente imparato ad enfatizzare ciò che incontra i gusti di questa o quella nazione”. La formula di Carolina non è certo quella di “taroccare” il caffè in modo estremo, come altri stanno facendo in Asia, con aromi e mille ingredienti. “Se non avessi visto con i miei occhi il caffè alla fragola con succo di limone, giuro che non ci avrei creduto”. Ma è più forte di noi, da italiani certe cose non si possono fare. L’unica eccezione alla regola ammessa per l’export è il formato delle bevande, perché la tazza da cappuccino “standard” da 125 ml all’estero è troppo piccola, ed è stata sostituita con la tazza per cioccolata, grande il doppio. La ragione della super-porzione si lega talmente tanto ad un rito del caffè differente, che non si può ignorare. Il caffè, in Asia ma anche nel Nord Europa, è un momento conviviale, da accompagnare per tutta la sua durata. Ovvio che i 10 secondi per bere un espresso o il minuto netto di un cappuccino al banco non siano adeguati. Ma il bancone, no Starbucks in Cina ha aperto caffetterie a forma di pagoda con draghi e fiori di loto, riproponendo in patria la copia in plastica della Città Proibita.”Noi abbiamo avuto l’ardire di aprire un vero bar all’italiana, con tanto di bancone e macchina da espresso, quindi venire da noi per un caffè è un’esperienza davvero “esotica” e genuina. L’unica cosa, peccato per il bancone. Enorme, bellissimo, e sempre vuoto! Nessuno a Hong Kong concepisce il self service o lo stare in piedi davanti al barista. 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Evitare di bere un espresso terribile, magari quando sei di fretta e il sapore rischia di perseguitarti per ore è una di quelle doti di preveggenza che chiunque vorrebbe possedere. Facile riconoscere un buon caffè dopo averlo provato, difficile farlo prima di aver bevuto l'amaro calice. Prevenire è meglio che curare e fortunatamente un buon caffè, e un buon bar, si riconoscono da una serie di indizi facili da vedere e sotto gli occhi di tutti. Basta sapere dove osservare, imparando dai professionisti. Un po' come il personaggio di Margherita Buy in Viaggio sola di Maria Sole Tognazzi, l'ispettore viaggia in incognito, prova, annota, giudica ogni aspetto, dalla pulizia al sorriso del personale. Nel film la Buy lo faceva per una catena di hotel di lusso, nella realtà Elisa e Damian lo fanno per i Coffee Shop Caffè Vergnano 1882. In gergo li chiamano mistery shopper e controllano la qualità del servizio delle caffetterie, in Italia e all'estero – dei veri esperti in materia. Non è richiesta nessuna dote da mentalista o particolari capacità di controspionaggio, per difendersi dal caffè cattivo basta un po' di spirito d'osservazione. Facile, solo se sai come farlo.Cosa osservare per riconoscere un buon caffè al primo sguardo? Ecco il decalogo
1- La macchina da caffè, il bancone, il retro banco devono essere puliti e ordinati. Ordine e pulizia, in generale, anche quella dei barman. 2 - Attenzione al beccuccio della lancia vapore con cui si scalda il latte. Deve essere sempre pulito poiché viene a contatto con il latte che poi ci troviamo nella tazza. Se è sporco è un brutto segnale... 3 - No al classico straccetto sopra la macchina del caffè ad asciugare, è vietato dalla ASL. Quello non è uno stendibiancheria! 4 - Il bricco del latte deve essere pulito. Il latte deve essere scaldato di volta in volta e non restare lì e venir rabboccato con latte fresco, riscaldato, raffreddato, rabboccato, riscaldato... e così fino a sera. Meglio un bricco piccolo che uno grande, e nessun piattino a far da coperchio – indizio di una lunga permanenza. 5 - Latte nel frigorifero. Attenzione ai cartoni del latte lasciati a fianco della macchina del caffè, al caldo. Non importa se verranno usati “fra qualche ora”, vanno refrigerati o il latte inevitabilmente aumenta la carica batterica, e va a male. Se il bar è pieno di clienti, ok ad 1 cartone a portata di mano, se il bar è vuoto significa che potrebbe essere lì in attesa chissà da quanto. Il latte inoltre serve freddo perché solo lo shock termico del riscaldamento consente di ottenere una schiuma perfetta. Se il latte è a fianco della macchina, nel migliore dei casi il cappuccino non sarà buono. 6 - Stessa cosa per il latte freddo nella lattiera sul banco. Deve avere il coperchio ed è meglio appoggiarci un dito: è ormai tiepidino? Diffidare, soprattutto in estate e se l'orario non è quello di punta. 7 - La campana in plastica del macinino deve essere pulita, trasparente. Il caffè è unto e sporca, quindi, se la campana è visibilmente opaca e con dei residui, si tratta di olio irrancidito che entra in contatto con i nuovi chicchi. Ne altera il sapore oltre che essere segno di poca igiene. 8 - Nel macinino del caffè non ci deve essere più polvere di quanta ne verrà usata nei prossimi minuti. Se il bar è pieno anche il serbatoio può essere pieno, se il bar è vuoto o è sera, il caffè potrebbe essere stato macinato da troppo e aver perso l'aroma o peggio, restare lì tutta la notte fino ai fortunati clienti del giorno successivo. 9- Il gruppo (il filtro munito di leva) deve essere attaccato alla macchina, ancora pieno del caffè già usato. Deve essere caldo. 10 – Un espresso deve scendere in circa 25 secondi, il tempo ottimale. Il consiglio non è di contare a voce alta, ma se ce ne mette 10 o ce ne mette 50 c'è qualche problema nella miscela o nella macchina e di sicuro non sarà un ottimo caffè.L’11° comandamento
“Quando si entra in un bar non è solo per bere un buon caffè. Quello è importante, ma se non ci si sente a proprio agio, anche l'espresso migliore non basta” spiega Damian. In generale un buon bar si riconosce da tutto l'insieme, dall'atmosfera, dalle sensazioni. Non per un motivo in particolare, ma per una sensazione indefinibile che avvolge il locale e che si vede dal primo istante. Se si ha la percezione che non sia un posto pulito, probabilmente è vero. E se il locale non è pulito, difficilmente si baderà alla qualità dei prodotti, alla manutenzione delle macchine, al servizio al cliente. Se invece si entra e si ha una sensazione positiva, di un luogo accogliente, probabilmente anche il caffè sarà di buona qualità.Riconoscere un bravo barman
Imparato a difendersi dalle brutte sorprese annunciate, come riconoscere quel tocco in più di professionalità? Elisa non ha dubbi, ecco i suoi indizi di un servizio di qualità superiore: 1 – Diffidare di un cucchiaio nel bricco del latte. È segno di poca manualità del barista poiché il versamento a regola d'arte va fatto con un movimento del polso; aiutarsi con il cucchiaio significa o essere alle prime armi o sopperire ad un latte che non monta come dovrebbe, quindi non di qualità. 2 – Scegliere solo latte fresco. No al latte a lunga conservazione, ha un sapore diverso. 3 – Bere un thè fatto con l’acqua minerale naturale, della bottiglia e non quella della caldaia della macchina. Va messa in un bricco (pulito!) e portata in temperatura con il vapore della lancia. 4 – Osservare come viene servita la tazzina, il vero dettaglio del buon barista. Il manico della tazzina e il cucchiaino devono essere posizionati verso destra. Un bicchierino d’acqua, anch'esso servito a destra è l'ultimo vero tocco da maestro. Ma se volete essere un raffinato sappiate che l'acqua si beve prima, per meglio assaporare l'espresso, non dopo per sciacquare la bocca. Se il servizio è DOC, non serve! [post_title] => Difendersi da un caffè cattivo in 10 mosse [post_excerpt] => [post_status] => publish [comment_status] => open [ping_status] => open [post_password] => [post_name] => indizi-di-caffe-cattivo-scegliere-bar [to_ping] => [pinged] => [post_modified] => 2013-07-10 02:55:00 [post_modified_gmt] => 2013-07-10 00:55:00 [post_content_filtered] => [post_parent] => 0 [guid] => https://www.caffevergnano.com/blog/indizi-di-caffe-cattivo-scegliere-bar/ [menu_order] => 0 [post_type] => blog [post_mime_type] => [comment_count] => 0 [filter] => raw ) [4] => WP_Post Object ( [ID] => 66639 [post_author] => 5 [post_date] => 2013-07-10 16:10:37 [post_date_gmt] => 2013-07-10 14:10:37 [post_content] =>Il caffè è una bevanda antica, la si coltiva, la si raccoglie e la si beve più o meno allo stesso modo da migliaia di anni. Eppure non è invecchiata per niente e continua a scandirci la giornata, tazzina dopo tazzina.
Nostro padre e nostro zio bevono espresso, nero, amaro, da cinquant’anni. Noi “giovani” della famiglia abbiamo imparato ad amare il Marocchino, a camminare per strada a New York scaldandoci con un Latte Grande o bevendo con la cannuccia un Frappacchino. Prima il nostro caffè lo si comprava in torrefazione, poi anche al supermercato, ora lo si ordina pure su internet e arriva a casa, in capsule monodose. Ma lo si può bere comodamente seduti in un Coffee Shop 1882, a Dubai. Un po’ come tutti, fino a qualche anno fa bevevamo il primo caffè sfogliando il giornale, ora abbiamo in mano un IPad o siamo già davanti al Pc. Ecco perché Coffee&News, lo storico magazine di Caffè Vergnano, sbarca ora su internet in un’edizione online, aggiornata e social. Torrefattori da quattro generazioni, ecco come ci definiamo in famiglia, perché se il mondo è cambiato in questi 130 anni di storia, non abbiamo mai cambiato mestiere. Siamo cresciuti in una famiglia con una storia alle spalle, il caffè lo abbiamo scritto nel DNA, siamo cresciuti giocando fra i sacchi di juta, abbiamo visitato le piantagioni di caffè, luoghi esotici mai sfiorati dal turismo. Il caffè lo abbiamo respirato, ancor prima di berlo, prendendo in mano la prima tazzina di espresso ad un’ età che qualunque madre considererebbe da manicomio... Inseguiamo l’archetipo dell’espresso perfetto, come fece il nostro bisnonno Domenico nel 1882 a Chieri, solo lo facciamo con strumenti sempre nuovi e diversi. Il caffè è uno stile di vita, lo è da sempre per noi che facciamo Vergnano di cognome, e lo è per milioni di persone, più o meno ovunque nel mondo. Se ne bevono, così si dice, 4 miliardi di tazzine ogni giorno, ma se ne sa davvero poco. I foodie alla ricerca dei prodotti tipici più inarrivabili sono un fenomeno in crescita, si fanno viaggi enogastronomici estremi… ma si continua a bere il primo espresso che si incontra per strada, anche se pessimo. Tutti vogliono fare i sommelier, ma si beve ancora “un caffè” mentre quasi nessuno ordinerebbe più un “un bicchiere di vino” qualunque. Tutti hanno in casa una moka ma in pochi sanno fare un caffè davvero buono e tirare fuori il meglio da questo magico ingrediente. Nonostante sia una bevanda antica crediamo che di espressi, cappuccini, Latte Art e tendenze globali ci sia ancora molto da dire e da fare. Cominciamo così, con un blog in cui poter raccontare insieme a giornalisti, collaboratori, baristi, e altri appassionati che cos’è il caffè oggi, in Italia nel mondo, e cercare di scoprire insieme che cosa sarà domani. Carolina, Enrico e Pietro Vergnano [post_title] => Caffeina, 2.0 [post_excerpt] => [post_status] => publish [comment_status] => open [ping_status] => open [post_password] => [post_name] => caffeina-2-0 [to_ping] => [pinged] => [post_modified] => 2013-07-10 16:10:37 [post_modified_gmt] => 2013-07-10 14:10:37 [post_content_filtered] => [post_parent] => 0 [guid] => https://www.caffevergnano.com/blog/caffeina-2-0/ [menu_order] => 0 [post_type] => blog [post_mime_type] => [comment_count] => 0 [filter] => raw ) [5] => WP_Post Object ( [ID] => 66633 [post_author] => 5 [post_date] => 2013-07-22 11:50:05 [post_date_gmt] => 2013-07-22 09:50:05 [post_content] =>Nell’immaginario collettivo e soprattutto davanti ad uno scaffale del supermercato un caffè 100% Arabica è per definizione migliore, più buono e più pregiato di una miscela di robusta. 100% falso. Eppure davanti ad uno scaffale del supermercato, guardando uno spot TV e nell’immaginario collettivo l’Arabica è sinonimo di qualità...
Magia del marketing? Partiti dal presupposto che la risposta fosse un sì, abbiamo in parte cambiato idea parlando con qualcuno che di pubblicità ne sa poco ma di chicchi, tostature e origini se ne intende davvero, Francesco Varetto, Responsabile di Produzione Caffè Vergnano. “La verità è che è solo questione di gusti e di qualità del caffè. La qualità del caffè infatti dipende da moltissimi fattori, come l’annata e il tipo di raccolta (manuale o meccanica), la lavorazione, il trasporto, che può avvenire in sacchi o in cisterne, ma non dalle varietà, che invece danno semplicemente un sapore diverso” .Origine e produzione
La Coffea arabica è una pianta più delicata, che cresce a quote più elevate e garantisce una resistenza inferiore rispetto alla varietà Coffea canephora, detta Robusta proprio per le sue caratteristiche di maggior vigore e per la presenza, quasi doppia, di caffeina. Ma questo non è indice di minore o maggiore qualità. Esistono Arabica di prima scelta, raccolti a mano, selezionati, ottimi, come ce ne sono altri, che sono qualitativamente peggiori perché derivano da ciliegie di caffè raccolte da terra, troppo mature o quasi marcescenti, o comunque da chicchi non selezionati. “Il Robusta Capiroyal proveniente dall’India, ad esempio, rappresenta invece un esempio di caffè Robusta molto pregiato: è raccolto a mano, controllato chicco per chicco, selezionato per dimensione e colore, dà come risultato un caffè molto pregiato con note speziate, di vaniglia, di pepe, molto complesso. Quando facciamo assaggiare il Capiroyal nel 90% dei casi chi lo sta bevendo lo preferisce a qualsiasi altro Arabica”La miscela perfetta
Gli Arabica sono in generale più dolci e delicati, i Robusta più legnosi, più astringenti, più corposi. Una differenza degna di nota riguarda anche l’aspetto e la consistenza della crema che si ottiene dalle diverse specie: la Robusta gonfia la crema che appare così più schiumosa e più grigia, mentre l’espresso 100% Arabica ha una crema più sottile, di color rossiccio quasi testa di moro, molto fitta e spesso compatta. La combinazione delle miscele permette di ottenere una crema compatta, densa e con un maggior spessore, per questo le miscele da bar hanno il 20% di Robusta al loro interno. “Persino nelle capsule Èspresso1882® Arabica c’è un pizzico di Robusta: serve ad aumentare la crema in modo naturale, a conferire profumo e un tocco di spezie e vaniglia”.Gusti geografici
Perché allora ci si fida di più dei 100% Arabica? Non è solo una ragione di marketing, effettivamente nelle case degli italiani, la maggior parte dei quali amanti della vecchia e cara moka, si tende a consumare il 100% Arabica perché essendo più dolce si addice di più al nostro palato, poco avvezzo a sapori legnosi, più amari e speziati. Per la caffettiera napoletana, ma più in generale in tutto il Sud, si prediligono invece miscele di caffè più ricche di Robusta, con chicchi più tostati, e qui il caffè si beve più amaro. Nel nord Europa infine si privilegiano tostature più bionde, chiare, con aromi fruttati e di miele: la french-press è la soluzione perfetta per questo tipo di miscele e per ottenere un caffè dolce e acido, con assoluta dominanza di caffè Arabica. [post_title] => Arabica o Robusta. Non è questione di qualità [post_excerpt] => [post_status] => publish [comment_status] => open [ping_status] => open [post_password] => [post_name] => arabica-o-robusta [to_ping] => [pinged] => [post_modified] => 2013-07-22 11:50:05 [post_modified_gmt] => 2013-07-22 09:50:05 [post_content_filtered] => [post_parent] => 0 [guid] => https://www.caffevergnano.com/blog/arabica-o-robusta/ [menu_order] => 0 [post_type] => blog [post_mime_type] => [comment_count] => 0 [filter] => raw ) [6] => WP_Post Object ( [ID] => 66642 [post_author] => 5 [post_date] => 2013-07-24 04:46:07 [post_date_gmt] => 2013-07-24 02:46:07 [post_content] =>Come abbiamo esportato il caffè, e l’aperitivo, ai francesi
È mattina presto sulla promenade des Anglais. Il sole già caldo batte sul ferro delle chaises blues, le tipiche sedie smaltate d’azzurro che costeggiano le spiagge di questa striscia di Mediterraneo... Nell’aria il tintinnio delle prime tazzine della giornata e l’inconfondibile profumo burroso di croissant invita a fermarsi in un cafè, e guardare: davanti, la distesa infinita del mare e le barche che si svegliano in un’alba d’estate; dietro, la terra e le facciate maestose di palazzi dall’antico splendore. Nizza. Ad un passo dai riflettori e dalla frenetica vita di Cannes, Nizza sembra uscita da una tela di Yves Kein, perfetta espressione del blu, o meglio ancora trasporta inevitabilmente fra le scene di un film di Truffault. Nizza, con le sue piazze, i prestigiosi hotel, i viali fiancheggiati da palme, è emblema e sintesi di uno dei luoghi più chic della Francia, patria del turismo d’elite e di miti cinematografici senza tempo. Terra orgogliosamente francese ma talmente vicina alla frontiera italiana da averne assimilato i sapori, la Costa Azzurra subisce l’influsso di due culture, per un risultato che è un sorprendente mix enogastronomico. Bistrò, ristorantini di pesce e café in riva al mare si susseguono sulla costa dove oramai il rito del croissant e del thè delle cinque è stato contaminato da colazione all'italiana e aperitivo a base di spritz. Proprio qui 12 anni fa è arrivato il primo bar dall'insegna italiana, un Coffe Shop 1882 Caffè Vergnano, e poco alla volta ha diffuso l'uso dell'espresso, della cioccolata e dell'happy hour. Ormai imitatissimi su tutto il lungomare. Seduti ai tavolini osservando il viavai della gente, il rito francese prevede che si ordini un grand tasse, cioè un caffè servito in tazza grande e allungato, un americano a cui aggiungere anche una generosa dose di latte. Servito con un bicchierino d’acqua e un quadretto di chocolat noir, nelle ore pomeridiane. Nella patria di Marie Antoinette non si mangiano indistintamente pane, croissant e brioche! Dall’alba al tramonto, a colazione o per un pausa pomeridiana, si beve quasi sempre café au lait, che corrisponde al nostro latte macchiato, da non confondere con il noisette, il caffè macchiato. Solo dopo pranzo i francesi indulgono in una tazzina di concentrato e intenso caffè nero all’italiana, ma amano farlo comunque a modo loro, chiedendo a gran voce: “Garçonne, un espressò!”. “Dopo anni, i nostri clienti storici, francesi, hanno imparato a bere l'espresso. Lo prendono ancora un po' lungo ma poco alla volta ci sono arrivati. Non nella pronuncia però!” Susanna, piemontese di Ivrea, ha passato il confine ormai più di dieci anni fa e continua la sua missione di esportatrice del gusto del caffè italiano in Francia. Solo ultimamente i suoi clienti francesi stanno cominciando ad apprezzare un caffè più ridotto, più vicino al nostro espresso insomma, ma “siamo ancora a mezza tazza”: preferiscono di gran lunga un espresso lungo, mentre molti altri turisti, specialmente russi, americani e inglesi continuano a farsi allungare il caffè con acqua calda a parte, come fosse un caffè americano. E nessuno, tranne qualche turista italiano, si affaccia al bancone per un caffè al volo. [caption id="attachment_447" align="alignright" width="399"] Interno del Coffe Shop 1882 Caffè Vergnano di Nizza[/caption] La sfida verso un espresso autentico è ancora dura da vincere, mentre quella della cioccolata è stata subito un successo. “Abbiamo introdotto una cioccolata all’italiana, caldissima e densa, diversa da quella più liquida e allungata tipica francese – dice Susanna – ma la nostra è veramente apprezzatissima e richiesta, soprattutto d’inverno, al punto che vengono persino da Cannes per bere la nostra chocholat à l’italienne”. A colazione siamo noi italiani ad aver importato ormai da tempo il cappuccio e brioche, ma lo abbiamo fatto in modo lessicalmente improprio – guai a chiamare così un croissant fatto a regola d'arte qui nella sua patria! Il croissant, o cornetto, è la classica mezzaluna di friabile pasta sfoglia arrotolata, servito vuoto o con un ripieno di crema o di marmellata. La brioche è un panino ricco al latte, leggermente dolce e soffice, da aprire a metà e farcire con marmellata e una noce di burro. Per gli amanti, il pain au chocolat è un fagottino di pasta sfoglia che racchiude un cuore di cioccolato morbido. “Abbiamo dovuto imparare dai francesi, per lo loro il petit déjeuner è una cosa sacra. Abbiamo introdotto, unico strappo alla nostra ferrea regola italica, la baguette con burro e marmellata”. A pranzo spopolano i panini tipicamente italiani, con crudo e mozzarella, o toast prosciutto e formaggio, e non si preparano croque monsieur o sandwich ricchi di mayonnaise. “Ma la vera innovazione è stata l'aperitivo, qui letteralmente non esisteva, e ora ce lo copiano tutti!” In Francia prima di cena non si stuzzicano patatine e noccioline, che al Coffe Shop 1882 Caffè Vergnano sono emigrate insieme a tartine, olive, e cocktails a base del classico bitter, tipo lo spritz o pestati come mojito con Campari o Martini bianco. “Gli stranieri che entrano da noi chiedono un espresso o uno spritz, vogliono ritrovare i sapori italiani e amano sentirci parlare in italiano. I nostri baristi fanno tendenza, su tutta la riviera”. [post_title] => Espressò e baguette: un petit déjeuner a Nizza [post_excerpt] => Come abbiamo esportato il caffè, e l’aperitivo, ai francesi. È mattina presto sulla promenade des Anglais. 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Saremo vittime dei luoghi comuni, e non si offendano gli interessati, ma i tedeschi bevono il caffè peggiore del globo e sono quelli che a fine pasto, approdati in Italia, chiedono cappuccino o latte macchiato. Lo sorseggiano con tutta tranquillità come se fosse del tutto normale bere un cappuccio caldo dopo piatti di cozze marinate, lasagne o pizza quattro stagioni. Sarà normale in Germania, ma in Italia finiscono per ritrovarsi tra le facce più o meno stupite dei tavoli vicini – cameriere rassegnato incluso. La faccia della rassegnazione però viene ancora più spesso agli italiani, che oltrepassato il confine sanno che trovare un buon caffè diventa cosa rara, perché quello tedesco si è decisamente aggiudicato il podio della classifica dei caffè peggiori: lungo, molto annacquato, dal sapore forte, intenso e secco, quasi bruciato. Luoghi comuni. Perché negli ultimi anni, l’incrollabile fede del popolo teutonico nei confronti di cappuccini pieni di schiuma e caffè nerissimi, sembra vacillare, sostituita da un nuova dottrina: la cultura del caffè espresso. Eresia? No, una tendenza. Ma facciamo un passo indietro. Perché parlare proprio di caffè e Germania? Perché pochi sanno che qui, nella patria della birra e a dispetto di tutti i pronostici, la bevanda più consumata è proprio il caffè, con un buon 7,4 kg pro capite all’anno. Noi a stento arriviamo ai 6. Il caffè in Germania è bevuto a litri, in tazze capienti che contengono la bevanda ottenuta con la kaffeekanne, una macchinetta all’americana onnipresente nelle case: si mette a bollire l’acqua in un bollitore, un filtro di carta viene riempito con il caffè e posizionato su una specie di imbuto collegato ad una brocca. Si versa l’acqua bollente nel filtro, sul caffè, e si ottiene così un caffè lungo, anche se ricco di caffeina, e dal sapore meno rotondo e vellutato rispetto ad un espresso. Per chi viene dal’Italia, il loro caffè sembra cattivo, ma è solo questione di gusto. Le miscele in Germania sono di prima qualità e l’attenzione molto alta sull’argomento. Il sapore è “merito” di una tostatura diversa, più forte, che gli conferisce un retrogusto molto poco piacevole ai nostri palati. E che comincia ad essere poco piacevole anche al loro. Sarà per questo che negli ultimi sei o sette anni i tedeschi stanno scoprendo il piacere di bere un caffè all’italiana, e lo fanno in grande stile. Le statistiche mostrano infatti una crescita costante di caffè solubile, di cialde e capsule e non ultimo di caffè espresso, all’italiana e da bere al bar. “Vogliono conoscere le varietà, le differenze di gusto – ci svela Aurelio Sucquet, in Germania dal 1977 e gestore del Coffe Shop 1882 Caffè Vergnano del centro di Monaco, aperto due anni fa nella capitale della Baviera. “C’è questa moda e questo interesse per capire e appropriarsi della cultura dell’espresso è di tendenza e i tedeschi si stanno appassionando. Lo conferma il fatto che nel centro di Monaco c’è un’altissima densità di bar che servono espresso al banco, forse addirittura di più che a Milano. Ma il migliore della città dicono sia il mio. Ed è una bella soddisfazione”.Sul banco bar troneggia la macchina da caffè Belle Époque e ci si può accomodare in comode poltrone: il luogo ideale per il rito locale, quello della merenda a base di dolcetti e caffeina servita nei bar e nelle pasticcerie alle quattro del pomeriggio, rito che può protrarsi anche per qualche ora davanti ad una sostanziosa fetta di torta.
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Gli aeroporti sono un luogo di attraversamento forzato per molte mete vacanziere. Ma non sono tutti uguali. In certi alle 6 del mattino non trovi nemmeno un caffè, in altri puoi fare shopping per ore, nella maggior parte il massimo a livello di ristorazione sono i fast-food. Ma anche gli aeroporti nascondono piccole sorprese. Soprattutto se si tratta di cercare un vero espresso a migliaia di chilometri da casa. Ormai l’aeroporto lo si sceglie, e non solo in base alla distanza da casa, ma anche per i suoi servizi. Ci sono alcuni come Orio al Serio (Bergamo) che costituiscono una meta in sé grazie al gigantesco shoopping mall, altri per l’architettura come l’opera di Calatrava a Bilbao, a Chicago per l’orto urbano e l’esperimento green unico al mondo. Ci sono aeroporti che si vorrebbero evitare, come Heatrow – al primo posto nelle classifiche per bagagli persi, o Linate alle prime ore dell’alba dove diventa difficile, se non impossibile, trovare un caffè – e senza fare troppo i selettivi sulla qualità. Cade a pennello l’apertura - all’aeroporto di Milano Linate, del Caffè Milano: un angolo che oltre a servire generose e indispensabili dosi di caffeina, offre un’esperienza incentrata sulla città meneghina, puntando a valorizzare il suo patrimonio storico-artistico e culturale. Se la formula funziona, il corner Caffè Milano verrà aperto anche nell’altro polo di Malpensa, ad oggi colonizzato solo da catene americane e autostradali. Fra le cose da non perdere nei vari scali del mondo, non si può non citare Ladurée all’aeroporto Charles de Gaulle di Parigi, una caffetteria-pasticceria che incarna l’innata raffinatezza francese, con le piccole scatolette color pastello ripiene dei meravigliosi macaron colorati adorati da Maria Antonietta. A Vienna la pasticceria Sacher che offre l’originale torta in un cafè-shop anche dopo il check-in. Inutile quindi comprare la leggendaria torta in centro e scarrozzarsela insieme alle valigie, basta comprarla già lì e accompagnarla con un caffè viennese (lungo e ricco di panna). Stessa cosa per le Palle di Mozart (originale in tedesco Mozartkugeln) ovunque e allo stesso prezzo che in città. C’è persino una pasticceria/panetteria della catena Ströck dove comprare dolci più rustici, biscotti e kranz. Se si parte da Roma da un anno a questa parte meglio prendere il treno verso Fiumicino dalla stazione Ostiense, dove ha aperto un nuovissimo Eataly: 4 piani interamente dedicati all’eccellenze dell’enogastronomia italiana, garantite SlowFood. Si fa shopping e si mangia in uno dei ristoranti, dedicati alle diverse specialità locali, dalla pasta alla pizza al pesce. Da Eataly Roma è anche presente un Coffee Shop 1882 Caffè Vergnano. A Copenhagen il junk food è stato soppiantato da catene di fast-healthy-food come Foodmarket (Terminal 1) che offre insalate, frullati, piatti espressi anche per vegetariani e vegani a prezzi assolutamente ragionevoli. A fianco dell’area imbarchi e vista aerei. A Monaco, nell’area centrale del Franz Josef Strauss International Airport, Caffè Vergnano offre tutta l’esperienza italiana del rito del caffè, terza caffetteria Vergnano nella città capoluogo della Baviera, oltre alle altre due presenti al Karlstadt Mall e Dachauer Straße 25. Se invece siete atterrati a Francoforte, è obbligatorio concedersi una tazzina al Beyond, un’oasi di relax con una strabiliante vista sulla pista aerea. Avete la fortuna di viaggiare a Kuala Lumpur? Fermatevi all’Old Town White Coffee, o al KopiTime o all’Harrods Café. A Heathrow, tantissime le caffetterie dove prendere un caffè, tra le più famose, Costa e ATM Coffee, prima catena inglese a puntare su commercio equo e solidale: nel menù, oltre a zuppe e alimenti bio, una enciclopedica selezione di caffè. Se si ha la fortuna di volare a Istanbul, in aeroporto ci si può fermare a scoprire il sapore del caffè turco, magari accompagnandolo da un tipico dolce locale a base di miele e frutta secca. Un momento passato in aeroporto porta sempre con sé qualcosa di emozionante. Che sia la partenza per una vacanza, per un viaggio di lavoro, oppure per accompagnare una persona cara o rivedere il volto di un amico, l’aeroporto è luogo, -o non luogo, secondo la teoria del sociologo Augè, di passaggio, di transizione. Un luogo quasi sospeso, che percepiamo come premonitore di promesse e cambiamento, di connessioni e collegamenti. Si può assaporare un momento così senza l’accompagnamento di una bella tazzina di caffè? No, o meglio, avrebbe tutto meno gusto, meno intensità. E per camminare con la valigia tra le mani e verso una nuova meta, ottimo sottofondo un brano di Music for Airports di Brian Eno. [post_title] => Terminal-Coffee [post_excerpt] => Terminal Coffee. I migliori caffè negli aeroporti internazionali più visitati di questa estate, e altri modi per “ammazzare” il tempo dell’attesa, da Bergamo a Chicago, dall’Harrods Cafè a quello delle pasticceria Ladurée o dell’originale Torta Sacher. 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Non parliamo di semplici decori fatti dal nostro barista per strapparci un sorriso prima che la giornata abbia inizio, ma di una tendenza (internazionale) di veri artisti della crema di latte, in grado di disegnare tutto, o quasi, su un caffè. E di abbattere persino il limite della tazzina, andando in 3D. La creatività italica, si sa, non ha limiti e in un certo qual modo la Latte Art nel nostro Paese è sempre esistita, tant’è che il suo inventore ufficiale, l’americano David Schomer, non nasconde di aver avuto l’idea in un bar di Verona da un barista rimasto sconosciuto. Erano gli anni Ottanta e Schomer di quell’idea ne ha fatto un DVD, poi un libro, e ora corsi, campionati… stili, mode, tecniche…. La più diffusa forma di Latte Art è detta Free Pour, a “schiuma libera” ed è quella, per intendersi, della foglia, della rosetta o del cuore. Si crea un disegno semplicemente (per così dire) usando la crema di latte, daversare dalla brocca con un’ottima manualità e null’altro. Con Topping viene definita l’arte della decorazione con sciroppi alimentari, cioccolato normalmente, che vengono usati per creare disegni geometrici o più creativi. Viene denominata Writing se con il topping ci si scrive una parola, un nome, una frase. La Latte Art è fatta anche di strumenti come stencil per decorare con la polvere di cacao o il classico stuzzicadenti con cui creare disegni più elaborati con la crema di latte. Gli esperti di Etching, disciplina nella disciplina, usano vere e proprie cassette degli attrezzi con micro cucchiaini, punteruoli, spatoline con cui scolpire letteralmente il cappuccino in forme artistiche. Frontiera della Latte Art? Assolutamente no! C’è chi ultimamente ha trovato il modo per stupire persino con decorazioni 3D e cappuccini personalizzati con la tua foto. Praticamente si sono inventati una stampante all’inchiostro di cacao… Il gattino che salta da una tazza all’altra o la giraffa del barista giapponese Kazuki Yamamoto hanno fatto il giro del mondo mentre la connazionale Nowtoo Sugi serve cappuccini colorati con i personaggi dei manga – nella top ten dei Paesi dove la Latte Art va fortissimo al primo posto c’è sicuramente il Giappone. In Asia, ma non solo, ci sono bar specializzati e i clienti vanno lì per le creazioni di Latte Art, più che per il caffè. “In Italia lo abbiamo sempre fatto, ma tanto per cambiare all’estero sono riusciti a farci un business. E sono anche molto più bravi di noi, basta guardare su YouTube” sospira Damian, che dal nome e dalla parlata anglo-italica rivela origini non proprio nostrane. Damian è neozelandese , barman pluricertificato con esperienze internazionali ma da oltre 5 anni è torinese d’adozione e docente di Latte Art all’Accademia Vergnano. Insegna a classi internazionali ma soprattutto vive viaggiando per portare la cultura del caffè italiano nelle caffetterie del gruppo, da Tokyo a Dubai. “Rispetto all’Italia, la patria del caffè, all’estero si bevono molti più cappuccini, quindi fanno più pratica e in fatto di Latte Art sono decisamente più bravi. Ma ciò non significa bere per forza un buon caffè”. Ride, come un napoletano davanti ad una pizza milanese, o un torinese DOC davanti ad un cappuccino cinese. Per creare decorazioni in 3D ad esempio serve una schiuma piena di bolle, ariosa, fredda, scenografica ma sicuramente poco gradevole a livello di gusto. E troppo spesso con il nome di cappuccino vengono definite le più esotiche bevande che poco hanno a che vedere con l’originale ma che vengono spacciate per “very italian”. “Ecco, la mia sfida quotidiana, insegnare a fare l’espresso, quello vero, a qualunque nostro barista, ovunque si trovi nel mondo. Perché se si parte da un espresso cattivo magari si riesce a renderlo bello da vedere, ma non certo buono da bere”. 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