Il caffè biologico è un bene di tutti

Cosa significa davvero caffè bio? Quale la differenza con quello normale, per la salute e il pianeta? Le certificazioni per sceglierlo, e i motivi per sostenere la filiera.

Anche il caffè esiste in versione biologica, così come tanti prodotti alimentari oggi sui banchi dei supermercati. Un boom negli ultimi anni, guidato da un sempre maggiore interesse per la  qualità, e  dalla consapevolezza che con le proprie scelte quotidiane si possa davvero fare “qualcosa” per il pianeta.

Come si produce

Il caffè, come ogni altra coltivazione biologica, deve rispettare standard internazionali riguardo ad ogni momento della fase produttiva, dal campo al confezionamento finale. Ciò significa che le piante di caffè devono rispettare un protocollo che prevede l’uso di concime naturale vieta ad esempio quello di tipo chimico e l’impiego di pesticidi. La difesa delle piantagioni da malattie e parassiti viene quindi effettuata con la lotta biologica (insetti che si nutrono degli infestanti), sostanze di origine vegetale, minerale o altre piante in grado di contrastare naturalmente gli attacchi dei parassiti. Per fertilizzare non si usano composti chimici, ma solo concimi naturali e metodi tradizionali, come lo strappare le erbacce o farle mangiare da altri animali. “A livello pratico – spiega Lorenzo Cavallo, Responsabile della Qualità Casa del Caffè Vergnano, chimico industriale – in certe zone di coltivazione il concime chimico non è mai comunque utilizzato, i piccoli produttori hanno carattere familiare ed è più facile ed economico per loro usare il letame dei propri animali da cortile ad esempio che acquistare un prodotto industriale e costoso. Molti produttori da cui attingiamo per il nostro caffè biologico in Brasile e Centro America, e India lavorano proprio così”.

 L’eurofoglia

Il protocollo per la coltivazione biologica oggi in Europa ha una normativa codificata e condivisa da tutti gli stati membri, che interessa dalla produzione alla trasformazione e alla sua etichettatura (Legge 834. 2007 e 889. 2008 per la disciplina della commercializzazione e produzione dei prodotti biologici). Fino a pochi anni fa il biologico veniva certificato da associazioni o istituzioni “private” che con un sistema di autoregolamentazione e controllo garantivano con un marchio  il rispetto di determinati standard qualitativi. I marchi erano differenti e la dicitura “prodotto biologico” intesa in modo differente dai diversi organi indipendenti. La normativa europea ha uniformato questa situazione e individuato il marchio della Eurofoglia come l’unico ufficiale.

Una situazione analoga a quella del biologico di pochi anni fa è ancora oggi vissuta da chi certifica i prodotti equo e solidali o fair trade, che a seconda dell’ente promotore individua una serie di parametri. Equo e solidale, rispetto a biologico, significa  un prodotto che incentiva uno sviluppo sostenibile delle comunità locali di produttori, il rispetto dell’ecosistema circostante e dei lavoratori, per salario, condizioni di lavoro e di vita. Se il prodotto biologico deve rispettare delle norme “oggettive”, il concetto di sostenibilità e giusta remunerazione dei coltivatori è molto relativo, variabile da zona a zona e difficilmente identificabile all’interno di uno standard internazionale – motivo per cui una certificazione internazionale di questo tipo è difficile da formalizzare.

Il caffè quando è bio?

Il valore aggiunto del prodotto biologico è sia di tipo personale, legato alla salute e al benessere personale, che ambientale. Da questo punto di vista il caffè biologico è la garanzia del rispetto dell’ambiente nelle zone di produzione e di trasformazione e la limitazione dell’uso di composti chimici potenzialmente dannosi. In Germania e in tutta la Scandinavia il consumo elevato di caffè biologico è sintomo di un interesse crescente e di una consapevolezza e un impegno nei confronti del futuro del pianeta e della popolazione umana. “Il caffè resta però un prodotto di cui è  difficile percepire il valore aggiunto del biologico. Questo perché è un prodotto di per sé naturale, mono-ingrediente, che viene sottoposto a tostatura a calore e che quindi è di per sé naturale e non viene a contatto con lavorazioni chimiche o cose simile. Non ha la complessità di prodotti alimentari ricchi di ingredienti diversi (basta pensare agli ingredienti di una merendina confezionata) – e per cui la garanzia di un prodotto 100% biologico è molto importante”.

Una coltivazione biologica significa rispetto dell’equilibrio naturale anche in modo indiretto. Ad esempio non stressa il terreno e non lo impoverisce, perché non usa coltivazioni intensive e concime chimico, per cui non impoverisce il terreno ed è più sicuro per la salute umana. “Comprare prodotto biologico non è un gesto singolo e privato, ma significa sostenere l’intera filiera e tenere ben saldi i diversi anelli di una catena fragile, che ha bisogno di essere alimentata per essere remunerativa, e quindi viva. E bastano piccoli numeri, ma sono davvero necessari”.

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