100% Arabica: è sempre meglio?

Un caffè 100% arabica è ormai un sinonimo di qualità. Non sempre, però, questo corrisponde a verità, sia per la presenza di altre specie all’interno della miscela che per le procedure di raccolta e conservazione dei chicchi.

Sono più di 60 le specie di caffè esistenti al mondo, 25 delle quali hanno trovato ampia diffusione sia nei bar che all’interno delle abitazioni private. In particolare, le quattro miscele più richieste sono l’Arabica, la Robusta, l’Excelsa e la Liberica. Tra i maggiori produttori rientrano l’America centrale, l’Asia e l’Africa.

Se l’Arabica cresce ad altitudini elevate (oltre i 700 metri), la Robusta può anche essere coltivata a livello del mare. A variare, tra le diverse specie, sono anche la composizione genetica e la forma. Questi elementi portano ad avere caffè che si differenziano, anche notevolmente, per il gusto. L’arabica, ad esempio, permette di ottenere un espresso dotato di un aroma e di un retrogusto più intensi. Considerando che tale miscela è a sua volta composta da moltissime tipologie di caffè, il profumo e il gusto sono destinati a variare continuamente.

La miscela può essere formata, tra gli altri, da Bourbon, Antigua, Limu e Sidamo.
Solo quando la qualità delle diverse specie utilizzate nella miscela risulti elevata, è possibile parlare di un caffè di grande valore. Assaporare arabiche di pregio significa scegliere miscele che non presentino più di 10 diverse tipologie di caffè. In alcuni casi vengono impiegate differenti tostature dello stesso caffè. Il risultato finale dovrà essere una bevanda bilanciata e dotata di un bouquet di profumi intensi; le note amare non dovranno mai prevalere eccessivamente.

Un caffè di qualità proviene prevalentemente da piantagioni cresciute in ombra, all’interno delle quali viene applicato il metodo di raccolta denominato picking. La selezione, in questo caso, viene effettuata manualmente, separando dalla pianta solo i frutti maturi. L’altra tipologia di raccolta, lo “stripping”, prevede che il frutto sia strappato dalla pianta senza prendere in considerazione il grado di maturazione raggiunto. Il picking garantisce una qualità maggiore e un prodotto omogeneo (i chicchi maturi non si mischiano con quelli acerbi) ma richiede più tempo, portando a costi più elevati.

Anche l’operazione di separazione della polpa dal chicco è fondamentale. Questa fase può essere condotta in due modi, attraverso la lavorazione bagnata o a secco; quest’ultima permette di esporre i chicchi direttamente al sole, facendo perdere l’umidità alla polpa.

Un caffè di qualità è anche frutto dell’attenzione rivolta alla fase di tostatura, in grado di determinarne la consistenza, il gusto e l’aroma. Temperature molto elevate portano i chicchi a perdere peso e ad aumentare di volume, oltre a divenire più scuri.

Il gusto infine può essere modificato anche da abitudini errate durante la preparazione nei bar: non è raro, infatti, l’utilizzo di acqua nella quale siano presenti residui cotti diverse volte. In questo caso non c’è miscela pregiata che tenga.

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