Alessia, quando aveva un problema, aveva un’unica persona con cui poteva parlarne apertamente: la sua massaggiatrice. Soffriva di mal di schiena e così, ogni tanto, andava a farsi sistemare da quella vicina di casa che aveva vissuto in India, dove aveva appreso la tecnica “Samari”, che Alessia non capiva mai in cosa consistesse. L’unica cosa che comprendeva, però, è che quando si alzava dal tappetino puzzava d’incenso ma si sentiva sempre nuova. Dopo il massaggio, Alessia era costretta a bere enormi tazze di tè verde, durante le quali ne approfittava per avere qualche consiglio dalla massaggiatrice. Le chiedeva di tutto, da come sedare un tacchinatore compulsivo su whatsapp alla cottura del riso al vapore, la grande specialità della massaggiatrice. [caption id="attachment_7108" align="alignleft" width="441"]
Luca Bianchini per Caffè Vergnano[/caption] Un giorno Alessia ricevette una telefonata inaspettata: un cacciatore di teste l’aveva selezionata per ricoprire un ruolo di “responsabilità, importanza e trasparenza”. Le disse proprio così. E lei, prima dell’appuntamento, fece una capatina dalla vicina. Davanti all’ennesima tazza di tè, di cui Alessia non ne poteva più, quella specie di guru le diede un solo e unico consiglio: “Non essere mai te stessa.” Alessia lo ripetè come se fosse un’imprecazione, soprattutto perché era stata detta da una donna tutta peace and love, ma i guru sono così: mutevoli ed eccentrici. Tornò a casa e si preparò al colloquio del giorno dopo ripetendo come un mantra: “Non essere mai te stessa”. Al mattino, anziché indossare il solito tailleur nero che aveva usato in altre occasioni, scelse un abito a pois che aveva messo alle nozze della sua amica. Era giallo e nero, sicuramente poco adatto a un colloquio di lavoro, ma non voleva deludere la massaggiatrice. Appena arrivò in quel palazzo di vetro e specchi, le dissero di attendere qualche istante perché c’era ancora la candidata precedente. “Vuole un caffè?”, le chiese gentilmente la segretaria. “Speravo che me lo chiedesse”, rispose lei senza battere ciglio, lasciando l’altra piuttosto sorpresa. Quando Alessia vide uscire la sua possibile rivale, si rese conto che aveva un tailleur nero simile a quello che avrebbe voluto mettere lei. Giunto il suo turno, entrò e venne squadrata dalla testa ai piedi da un signore dall’aria serissima: “Signorina, perché si è vestita così?” le chiese subito. Alessia ci pensò un attimo e capì che l’unico modo per rispondere era fidarsi del consiglio della massaggiatrice: “Era la cosa più sobria che avevo.” Il selezionatore la guardò stupito e annotò qualcosa su un foglietto: “Questo sarà un colloquio piuttosto anomalo”, aggiunse, “quindi mi scusi se le farò delle domande un po’ particolari.” Alessia replicò all’istante: “Adoro le domande particolari.” Non era vero, ma ormai era entrata nel loop disperato di dire il contrario di ciò che pensava. L’uomo le chiese poi di tirare fuori tre cose dalla borsa e di raccontare cosa significavano. E lei, anziché mostrare panico, sorrise: aprì il suo bauletto con entusiasmo e tirò fuori un accendino. Il suo accendino. “Questo è per ricordarmi di quando ho smesso di fumare, tanti anni fa. Lo porto perché è un segno di vittoria.” Mentre lo diceva, le era venuta già voglia di fumare. La seconda cosa che estrasse fu un piccolo quaderno: “Questo è il posto dove scrivo i miei pensieri intimi, anche erotici… che non vorrei mostrarle.” Il signore per un attimo s’imbarazzò e a lei venne quasi da ridere a pensare che in quel quaderno lei segnava le entrate e le uscite del mese. Infine, si ritrovò in mano uno specchietto: “Questo me l’ha regalato mia madre per i miei 30 anni dicendomi… guardati in faccia e sii sempre fiera di te.” L’uomo ebbe un piccolo momento di emozione, mentre lei pensò che l’aveva preso da Sephora a 4 euro. Alla fine della chiacchierata un po’ surreale, Alessia salutò il signore con una specie di inchino da geisha senza nemmeno voltarsi. Appena tornò a casa, ricevette una chiamata: l’avevano assunta. Da allora, non sarebbe più stata veramente se stessa.