L’Asia e il trend del caffè “taroccato”

I colossi USA della caffeina vogliono convertire milioni di bevitori di tè, a qualunque costo. Ma dall’Italia arrivano l’espresso e il cappuccino democratico, originale made in Italy.

Tutto ci saremmo sognati tranne che di vedere la Cina, e l’Asia tutta, invasa dal caffè “taroccato” – da noi occidentali. Eppure il continente del tè sta per essere conquistato dai colossi delle caffetterie USA a suon di bevande che nulla hanno a che vedere con l’originale. Necessario, per sfondare il mercato in nome del profitto e abbattere la barriera del gusto di chi il sapore di espresso deve ancora imparare ad apprezzarlo.

Ma a fianco di caffè rosa e dolci come caramelle si fa largo l’espresso autentico e il vero Made in Italy.

Il mercato infinito

L’Asia è il nuovo business della caffeina, e la Cina la potenzialità più emblematica di questo nuovo, immenso, mercato di consumatori che bevono tè, e solo tè, da 2000 anni. In Cina il caffè infatti proprio non si beve e ancora oggi, nell’epoca della globalizzazione, qui ne bevono in media 1 tazza all’anno, un dato pari allo zero se paragonato alle 700 tazze di italiani e tedeschi, o le 1400 dei finlandesi – i maggiori bevitori di caffè al mondo. Peccato che solo i cinesi siano 1 miliardo e 300 mila e consumino oggi  1/5 del caffè venduto in Finlandia: se bevessero diciamo anche solo 6 caffè a testa, in un anno diventerebbero in un battere di ciglia i primi consumatori da qui alla Luna.

Se si somma il fatto che il caffè a livello mondiale è la seconda commodities, dopo il petrolio, fra quelle più vendute, il conto è fatto. Diffondere il caffè in Cina è quindi la strategia per chiunque lavori nel settore ed è anche questo il motivo per cui un prodotto fino a pochi anni fa inesistente all’ombra della Grande Muraglia cresca oggi a tassi che superano il 30% di incremento annuo. Nelle grandi città come Beijing, Shanghai e Guangzhou la media di tazze vendute si aggira oggi sulle 20  procapite e fra la popolazione urbana, giovane e moderna bere caffè è proprio un segno di distinzione sociale, di globalizzazione e di stile. Peccato che il sapore non piaccia davvero.

Il caffè è trendy, ma non piace

I gusti sono una questione personale o culturale? Un’intera letteratura si è occupata di dibattere su questo tema, fatto sta che in Cina il caffè ha poco a che vedere con un espresso italiano, e persino con un caffè americano.  Lo sanno bene McDonalds o Starbucks, sbarcati nell’Impero cinese con format e prodotti ad hoc, “taroccati” per le loro esigenze. Il caffè ha un gusto amaro, troppo, e così lo servono zuccheratissimo, il sapore non piace, e quindi viene anche aromatizzato – nei modo più disparati.

Se all’estero i cinesi hanno inventato piatti inesistenti in patria, come il riso cantonese, i biscotti della fortuna o gli involtini primavera, la battaglia delle nuove caffetterie si combatte a Frappuccino ai fagioli rossi – e all’affermazione del nuovo classico di chi vo’ fa l’americano, con gli occhi a mandorla.

Originale è meglio (anche per i cinesi)

Sei anni fa, quando sono stata ad Hong Kong per l’inaugurazione della nostra prima caffetteria, sono rimasta sconcertata delle facce di chi beveva un espresso per la prima volta. Lo offrivamo, – ride ancora al pensiero Carolina Vergnano –  ma dalle smorfie che ho visto c’è chi avrebbe pagato per non berlo! Per loro quel sapore è troppo forte, amaro, diverso da ciò che conoscono. Per farglielo conoscere è stato necessario fare un percorso”. Occuparsi dell’export di un prodotto non significa solo trasportarlo fisicamente in un altro Paese, ma riuscire a farlo entrare negli usi e costumi di persone diversePrima di proporlo nella sua versione più pura, ovvero l’espresso, il caffè va  reso comprensibile, attraverso altre bevande affini, come il cappuccino e il latte macchiato” – che infatti è il prodotto più venduto nei Coffee Shop di tutto il mondo.

Il cappuccino è democratico

Il cappuccino è democratico, perché ha un sapore più comprensibile, anche nella sua versione originale. “In tutte le nostre caffetterie, da Napoli al Qatar, il menù è quello, il caffè è lo stesso, ma abbiamo semplicemente imparato ad enfatizzare ciò che incontra i gusti di questa o quella nazione”. La formula di Carolina non è certo quella di “taroccare” il caffè in modo estremo, come altri stanno facendo in Asia, con aromi e mille ingredienti. “Se non avessi visto con i miei occhi il caffè alla fragola con succo di limone, giuro che non ci avrei creduto”. Ma è più forte di noi, da italiani certe cose non si possono fare.

L’unica eccezione alla regola ammessa per l’export è il formato delle bevande, perché la tazza da cappuccino “standard” da 125 ml all’estero è troppo piccola, ed è stata sostituita con la tazza per cioccolata, grande il doppio. La ragione della super-porzione si lega talmente tanto ad un rito del caffè differente, che non si può ignorare. Il caffè, in Asia ma anche nel Nord Europa, è un momento conviviale, da accompagnare per tutta la sua durata. Ovvio che i 10 secondi per bere un espresso o il minuto netto di un cappuccino al banco non siano adeguati.

Ma il bancone, no

Starbucks in Cina ha aperto caffetterie a forma di pagoda con draghi e fiori di loto, riproponendo in patria la copia in plastica della Città Proibita.”Noi abbiamo avuto l’ardire di aprire un vero bar all’italiana, con tanto di bancone e macchina da espresso, quindi venire da noi per un caffè è un’esperienza davvero “esotica” e genuina. L’unica cosa, peccato per il bancone. Enorme, bellissimo, e sempre vuoto! Nessuno a Hong Kong concepisce il self service o lo stare in piedi davanti al barista. Non ci abbiamo rinunciato però, ma se ci vedi qualcuno è sicuramente uno straniero!

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