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Il mio caffè al bar

Caffè Vergnano

Sul volo Milano – Londra ho scoperto che in Inghilterra vendono le bustine di caffè (100% arabica, pare). Le potete utilizzare come quelle da thé, per un “infuso” che non necessariamente prevede caffeina, visto che esistono anche in versione decaffeinata (se volete comperarle, a Londra le trovate da Harvey Nichols). Devo ancora capire se l’idea potrebbe piacermi o no – sicuramente in Italia penso non avrebbero una vita facile, perché da noi l’espresso è – e resta – soprattutto quello del bar. E non può essere un semplice caffè filtrato…

Espresso, lungo o ristretto, cappuccino, macchiato o marocchino: il caffè al bar ha molte sfaccettature e un unico rito in Italia: essere per molti uno dei primi gesti della mattina. Personalmente, amo prendere il primo caffè della giornata a casa mia, seduta nella mia cucina – non posso stupirmi di questa scelta, che sarà probabilmente quella di molti di voi, perché per me la cucina è davvero il cuore della casa. Quando esco di casa, quello che mi piace del bar, all’italiana, è l’atmosfera cordiale che si respira. La gente si conosce, il barista ti parla sempre, anche se magari ti vede per la prima volta. C’è ancora qualcosa di felliniano in ogni bar che incontro, che all’estero non si potrebbe trovare mai. E poi c’è il caffè – questo è un mondo a parte – perché c’è chi sa prepararlo in modo sublime ma anche chi (purtroppo) avrebbe bisogno di qualche ripetizione per riuscire a servire un espresso decente.

Di bar ce ne sono oggi di tantissimi tipi, da quelli a metà tra il rétro e il vecchio, il cui bancone stretto e lungo è esibito davanti ad un barista affabile e in vena di raccontare storie – sino alle moderne caffetterie che stanno sorgendo nelle grandi città e nelle stazioni, quelle che io chiamo “dark chic” ossia di un’eleganza scura clonata ad ambienti londinesi e newyorkesi. C’ è qualcosa di bello in entrambe le situazioni – pur essendo molto diverse. Il primo bar, quello all’italiana, che trovi ancora nei paesi piccoli e che ti accoglie con un sorriso personale e un aneddoto, sta scomparendo piano piano, ma ha un fascino tutto suo che è italiano al 100%. Qui il caffè te lo fanno ancora sbattendo i piattini sul bancone e non badando – spesso – al lato in cui si posiziona il manico rispetto al cucchiaino (ok, siamo onesti – non badandoci affatto) ma non importa: non sei qui per quello. Sei qui per l’atmosfera – e in Italia l’atmosfera è impagabile, unica, da cartolina. Questi bar sono quelli che hanno servito la prima colazione a milioni di italiani negli ultimi cinquant’anni – gente che scende al bar per prendere il primo espresso, leggere il giornale, mangiare un cornetto, l’equivalente nostrano del croissant francese. Nulla a che vedere con le romantiche e ovattate atmosfere parigine, incipriate di profumo di zucchero a velo e modi più sofisticati. Ma sicuramente più vere, più autentiche, più buone. In questi bar il caffè si fa secondo la regola della casa, ciascuno ha la sua miscela, ciascuno ha la sua tecnica, magari non esattamente la migliore in assoluto, ma dettata da esperienza e collaudata negli anni. Non è il tipo di bar che frequento generalmente, ma quando mi capita (e l’ultima volta è stato vicino a Perugia, prima di Natale) mi rilasso e mi godo lo spettacolo della grande convivialità che il nostro Paese sa offrire insieme ad una tazzina di espresso. Devo dire la verità: quando entro in uno di questi bar meravigliosamente vintage, chiedo un espresso macchiato. Perché mi vergognerei a dire al barista che in effetti amo il mio caffè lungo, molto lungo, ossia annacquato con acqua calda a parte, possibilmente scaldata con il bollitore e non con la lancia. Una cosa “da turista” insomma – che in certi bar autentici farebbe un po’ storcere il naso. Così mi tengo questa richiesta all’americana per le caffetterie milanesi (e quelle cittadine di altri agglomerati urbani simili a Milano) dove mi immagino si sia più abituati alle richieste strane dei turisti che arrivano da tutto il mondo, e a questo punto posso essere sincera sino in fondo e dico anche che spesso ci aggiungo un po’ di latte freddo e, per concludere, lo zucchero.

Il mio caffè al bar non è mai per caso e mai da sola: perché il caffè per me è velocità, e va preso in compagnia, altrimenti si trasformerebbe in fretta.

È una pausa prima di partire per un viaggio, in stazione o in aeroporto, è un punto di incontro prima di incominciare una riunione. È riservato espressamente alla mattina, o al massimo all’ora intorno al pranzo. Poi la mia anima di coffee-lover cede il passo alla lentezza del pomeriggio e la scelta va sul thé. E qui cambia tutto, perché in un tipico bar italiano, se chiedi un thé, ti guardano un po’ ancora come se non stessi bene, poi ti propongono una teiera in metallo rovente e una bustina di thé qualsiasi, accompagnata da una robusta fetta di limone punteggiata di noccioli puntualmente tagliati a metà  e da un cucchiaino in acciaio che sfida la legge di gravità quanto a leggerezza… Ma questa è un’altra storia.

In questa storia invece mi piacerebbe sapere come lo prendete voi, il caffè della mattina. Se a casa o al bar. Se anche per voi è sempre lo stesso, oppure cambia con la stagione o le mode (senza arrivare alle bustine di arabica). Se avete una storia legata al vostro caffè al bar, scrivetela su queste pagine digitali – sarà bello leggere come cambia una tazzina di espresso intorno all’Italia che si sveglia.

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