Coffee lovers
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Dalla tostatura in diretta di Eataly Roma, al fresh-brewed coffee degli americani, il caffè ha sempre bisogno di essere fresco. Fresh-roasted o fresh-brewed.
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Non è né una droga pesante né una droga leggera, è il caffè. La sostanza psicoattiva che il 90% di noi utilizza quotidianamente può dare dipendenza?!
Nulla di cui vergognarsi, la storia del caffè liofilizzato è di tutto rispetto. E non fa male, non ci sono controindicazioni e non ha nulla da […]
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Altroconsumo, la popolare rivista, ha pubblicato un interessante studio sulla sostenibilità del caffè che consumiamo. Perché non sia solo una questione di gusti.
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Il caffè non doveva proprio essere un gran ché che per far nascere l’uso di cancellarne il sapore con qualcosa di decisamente più forte. Sambuca, amari, grappe sono infatti capaci di pulire la bocca e far dimenticare l’aroma di un espresso. Un vero peccato. Se il caffè è buono quello di cui si ha voglia è un alcolico che accompagni e prolunghi la sensazione piacevole di amaro e tostato. Si ritorna un po’ all’uso di lasciare la tavola, trasferirsi in salotto e servire lì, come vorrebbero i manuali di buone maniere, il caffè e poi una selezione di after dinner drink (con tanto di sigaro!). Ecco i più conosciuti, e le doverose differenze. Liquore o distillato, non sono sinonimi I distillati sono bevande alcoliche ottenute dalla distillazione, ossia il riscaldamento di una bevanda a bassa gradazione alcolica per separarne la parte liquida da quella alcolica e volatile. L’elemento volatile viene poi convogliato nell’alambicco e tramite raffreddamento nuovamente trasformato in liquido, che alla fine del processo ha una più alta gradazione. Sono fatti così la grappa, i brandy, vodka, gin e tequila. Il liquore invece è ottenuto assemblando alcool con aromi come erbe, frutti e spezie per infusione a caldo o macerazione a freddo. Vi viene aggiunto zucchero e acqua, per raggiungere la gradazione alcolica desiderata. Grappa Distillato di vinacce d’uva, per definizione prodotto in Italia. Può essere giovane o invecchiata, da 12 mesi fino a periodi anche più lunghi, in tank o in barrique. Viene definita Aromatica se viene prodotta con vinacce di vini aromatici (Moscato o Traminer) o aromatizzata se vi vengono immerse erbe, frutti o spezie. Può essere di monovitigno (solo di Nebbiolo ad esempio) o mista. Acquavite Distillato di mosto d’uva, ossia del succo fermentato d’uva contenente vinacce. Rispetto alla grappa ha un sapore più fruttato e fragrante. Distillati di vino: Brandy, Cognac, Armagnac Il brandy è un distillato di vino bianco (acquavite), o di altri frutti. Si beve a temperatura ambiente nei classici bicchieri a ballon, da tenere fra le mani per trasferire il giusto calore, e liberare così i profumi. Il Cognac e l’Armagnac sono due brandy di vino prodotti nelle due rispettive regioni della Francia, invecchiati in barrique da cui derivano il color ambrato. Calvados Un distillato di vino di mele, ossia sidro, prodotto tradizionalmente nella bassa Normandia, in Francia. Sambuca Liquore cristallino al gusto di anice con aggiunta di erbe, prodotto con alcol e zucchero. Tradizionalmente aggiunta al caffè o servita con “la mosca”, un chicco lasciato cadere nel bicchierino. Amari Liquori aromatizzati, ottenuti unendo alcool ad erbe medicinali, con formule segrete e molto complesse, lasciate macerare e zucchero. Amaretto È un liquore preparato da una base alcolica e da frutta, come il Nocino o il Limoncello. Viene preparato con mandorle amare. Si beve liscio o con ghiaccio, e viene usato per correggere il caffè. [post_title] => Ammazzacaffè: la guida definitiva [post_excerpt] => [post_status] => publish [comment_status] => open [ping_status] => open [post_password] => [post_name] => ammazzacaffe-liquori-distillati-caffe [to_ping] => [pinged] => [post_modified] => 2014-01-31 09:54:38 [post_modified_gmt] => 2014-01-31 08:54:38 [post_content_filtered] => [post_parent] => 0 [guid] => https://www.caffevergnano.com/blog/ammazzacaffe-liquori-distillati-caffe/ [menu_order] => 0 [post_type] => blog [post_mime_type] => [comment_count] => 0 [filter] => raw ) [1] => WP_Post Object ( [ID] => 66825 [post_author] => 5 [post_date] => 2014-01-31 11:06:38 [post_date_gmt] => 2014-01-31 10:06:38 [post_content] =>Un ufficio per il coworking o una caffetteria con il wifi? Un po’ tutti e due. Perché il caffè sta diventano anche il simbolo di una nuova generazione di lavoratori.
“Il lavoro è uno stato mentale più che un luogo”. Sono le parole della “futurologa” del lavoro Nicola Miller (ricercatrice del British Telecom Group) che ha decretato come in cinque anni il panorama del nostro modo di lavorare cambierà sensibilmente. Ma la rivoluzione è già cominciata, e passa per un caffè. Il lavoro non è più un luogo Un tempo si andava in ufficio alle 9 e si usciva alle 18, oggi per molti la routine lavorativa per eccellenza è solo un lontano ricordo. Per molte persone non serve più andare in ufficio per fare il proprio lavoro, perché con un pc, una connessione internet e un telefono, si possono fare esattamente le stesse cose ovunque, o perché un ufficio non lo si ha del tutto e si lavora da casa, come fanno i liberi professionisti o il “popolo delle partite IVA”. Se devo lavorare mi serve solo avere in borsa il pc, il telefono, e trovare un posto accogliente con connessione wifi, una presa elettrica e un buon caffè. Non mi serve compagnia, se devo concentrarmi, ma a volte non voglio necessariamente restare da sola, in pigiama per tutto il giorno, chiusa in casa. Le caffetterie oggi sono il posto migliore dove trovare l’ambiente ideale per lavorare: poco rumorose, profumatissime, vicine a casa, perfette per fissare un appuntamento di lavoro informale. In ufficio si va per fare riunioni, gruppi di lavoro, incontrare clienti, fornitori o colleghi. Non per “lavorare”. La produzione vera e propria, soprattutto per chi scrive – un articolo come questo ad esempio – è un fatto privato. Coffice: mezzo caffè, mezzo ufficio Il primo coffice dove sono entrata era a Stoccolma, qualche anno fa, e mi sembrò fantascienza allo stato puro: pagavi un fisso mensile che ti dava diritto a caffè illimitato (in tazza grande), l’uso della caffetteria, la connessione web e la possibilità di stampare documenti e mandare fax. C’erano anche dei tavolini appartati, per le riunioni, da prenotare in anticipo. Un coworking per utenti che non necessitano nemmeno di scrivania, non si presentano ogni giorno ma che vogliono la sicurezza di uno spazio fuori da casa, dove lavorare o tessere relazioni, senza vincoli di orario. Ora il modello spopola non solo in Europa, tanto che esiste persino un sito negli States per geo-localizzare il Coffice più vicino. In Italia ci stiamo quasi arrivando, le caffetterie cominciano ad aprire le reti wifi come servizio al pubblico e a comprendere che la fruizione dei propri spazi non è semplicemente legata al consumo del prodotto, ma al trascorrere del tempo anche produttivo. Il coffice non è un coworking I coworking sono qualcosa di un po’ diverso: spazi collettivi dove persone o aziende affittano postazioni lavoro singole, o intere stanze, già attrezzate e dotate di servizi comuni (cucina, sale riunioni, reception, telefono, calcio balilla e sala relax). Sono perfetti per i liberi professionisti, per le start-up, per chi si trova con la necessità di coinvolgere un numero elevato di collaboratori su un progetto e li deve riunire, senza averne lo spazio nella sede centrale. Oggi il lavoro è liquido, e i vecchi uffici un po’ meno. Sono spesso spazi immensi, ormai semivuoti e inutilizzati, o semplicemente poco flessibili, come le pareti. In Italia stanno sorgendo come funghi ma c’è chi crede che questo nuovo modello di lavoro, e la sua forza, sia più di una condivisione di spazi. TAG, talent garden (in 8 città italiane, più New York, è forse solo l’esperimento meglio riuscito – e aperto 24 ore su 24) si paragona ad un giardino dove “le varie piante germogliano e crescono tutte insieme creando un ambiente meraviglioso, dove tutti gli elementi collaborano e competono allo stesso tempo, e si contaminano l’un l’altro facendo, di un giardino ben riuscito, un vero e proprio ecosistema”. Condividere lo spazio, o un caffè, è quindi un vero lifestyle. [post_title] => Coffice: il futuro del lavoro [post_excerpt] => [post_status] => publish [comment_status] => open [ping_status] => open [post_password] => [post_name] => coffice-coworking [to_ping] => [pinged] => [post_modified] => 2014-01-31 11:06:38 [post_modified_gmt] => 2014-01-31 10:06:38 [post_content_filtered] => [post_parent] => 0 [guid] => https://www.caffevergnano.com/blog/coffice-coworking/ [menu_order] => 0 [post_type] => blog [post_mime_type] => [comment_count] => 0 [filter] => raw ) [2] => WP_Post Object ( [ID] => 66834 [post_author] => 5 [post_date] => 2014-02-04 17:07:32 [post_date_gmt] => 2014-02-04 16:07:32 [post_content] =>Dalla tostatura in diretta di Eataly Roma, al fresh-brewed coffee degli americani, il caffè ha sempre bisogno di essere fresco. Fresh-roasted o fresh-brewed.
Oggi si sente parlare di fresh-roasted coffee, un modo moderno per definire il caffè della torrefazione, quello che si compra immersi nel caratteristico aroma di tostatura. O meglio, che si comprava, perché le torrefazioni hanno attraversato un periodo difficile e in molte hanno chiuso. Ma il trend è in netto ritorno. La selezione e la tostatura artigianale del caffè in micro-torrefazioni è un fenomeno paragonabile a quello dei micro birrifici, ritornate in auge negli States e in mezza Europa grazie a giovani imprenditori e appassionati. In Italia, la patria del caffè, in molti hanno chiuso i battenti, ma forse non per molto. Il segnale arriva dal progetto pilota portato avanti da Caffè Vergnano e Eataly nello store di Roma, dove oltre al semplice bar si può vedere in azione e acquistare il caffè appena torrefatto davanti ai proprio occhi. E vedere una macchina all’opera che tosta in modo tradizionale, lento e con temperature piuttosto basse (e non ad alta temperatura per risparmiare tempo) è davvero affascinante, a partire dall’aroma. DIRETTAMENTE IN TORREFAZIONE, A ROMA E NEW YORK “Da Eataly Roma tostiamo il caffè ogni mattina, davanti ai clienti, lo insacchettiamo in carta biologica e lo vendiamo a peso come in qualunque torrefazione. Consigliamo però di non usarlo immediatamente, e soprattutto di metterlo dopo una notte in un barattolo ermetico. Il caffè perde progressivamente il proprio aroma, e se lo si lascia a contatto con l’aria si deteriora subito” – spiega Damian Burgess, trainer dell’Accademia Vergnano e dei baristi dei Coffee Shop 1892. Il caffè appena tostato è al meglio della sua aromaticità, ma berlo appena uscito dalla tostatrice non è il modo migliore per apprezzarne la qualità. Il caffè deve risposare per 18-20 ore prima di diventare un ottimo espresso e per dare vita alla tipica crema. La crema è infatti il prodotto dell’emulsione degli oli e dei gas contenuti nel chicco, e un caffè appena tostato ha troppo gas per produrre una crema perfetta “ Se invece lo si compra e poi lo si lascia nel sacchetto di carta, allora è molto meglio comprare quello sottovuoto, che preserva senza contatto con aria e luce tutte le sue proprietà. Questo soprattutto se lo si acquista già macinato, come spesso accade a Eataly Roma e ai clienti che lo usano per la moka. Ben diversa la situazione a New York, dove abbiamo ben 8 tipi di caffè incluso il pregiato Jamaica Blue Mountain. La ricerca della qualità è davvero impressionante, abbiamo una clientela fissa che viene ogni settimana, compra i chicchi e poi li macina a casa propria” Eataly è però proprio questo, più di un negozio, un luogo dove conoscere i prodotti e incontrare i produttori. “A Torino Lingotto il 17 febbraio faremo un corso dedicato alla cultura internazionale del caffè e il 21 marzo una lezione per “apprendisti baristi” per avvicinare il pubblico al nostro lavoro e a questa meravigliosa cultura”. FRESH-BREWED: APPENA FATTO Nessuno berrebbe un espresso rimasto invenduto, ormai freddo e oramai senza aroma o tenuto in caldo per ore. È istintivo che non sarebbe una bella esperienza e questo perché il caffè una volta estratto si deteriora velocemente, perdendo i profumi volatili e diventando via via più acido Questo è il motivo per cui il caffè freddo fatto con l’espresso tenuto al fresco nel banco frigo per ore non è il modo perfetto di farlo, ed è il motivo per cui qualunque caffè andrebbe bevuto in un ragionevole lasso di tempo dalla sua preparazione. Facile se si pensa all’espresso, più difficile per chi come gli americani usa il filtro o la french press, e quindi fa una ingente quantità di caffè, tenuta in caldo nelle tradizionali brocche di vetro. Quando si compra un caffè americano o si entra in una delle catene che spopolano all’estero è oramai molto frequente trovarsi davanti al fresh-brewed coffee, che non è altro che un caffè fatto con il filtro da poco tempo, diciamo entro la mezz’ora. [post_title] => Fresh coffee: il ritorno della torrefazione [post_excerpt] => [post_status] => publish [comment_status] => open [ping_status] => open [post_password] => [post_name] => torrefazione-eataly [to_ping] => [pinged] => [post_modified] => 2014-02-04 17:07:32 [post_modified_gmt] => 2014-02-04 16:07:32 [post_content_filtered] => [post_parent] => 0 [guid] => https://www.caffevergnano.com/blog/torrefazione-eataly/ [menu_order] => 0 [post_type] => blog [post_mime_type] => [comment_count] => 0 [filter] => raw ) [3] => WP_Post Object ( [ID] => 66844 [post_author] => 5 [post_date] => 2014-02-11 22:07:20 [post_date_gmt] => 2014-02-11 21:07:20 [post_content] =>Sul volo Milano – Londra ho scoperto che in Inghilterra vendono le bustine di caffè (100% arabica, pare). Le potete utilizzare come quelle da thé, per un “infuso” che non necessariamente prevede caffeina, visto che esistono anche in versione decaffeinata (se volete comperarle, a Londra le trovate da Harvey Nichols). Devo ancora capire se l’idea potrebbe piacermi o no – sicuramente in Italia penso non avrebbero una vita facile, perché da noi l’espresso è – e resta – soprattutto quello del bar. E non può essere un semplice caffè filtrato...
Espresso, lungo o ristretto, cappuccino, macchiato o marocchino: il caffè al bar ha molte sfaccettature e un unico rito in Italia: essere per molti uno dei primi gesti della mattina. Personalmente, amo prendere il primo caffè della giornata a casa mia, seduta nella mia cucina – non posso stupirmi di questa scelta, che sarà probabilmente quella di molti di voi, perché per me la cucina è davvero il cuore della casa. Quando esco di casa, quello che mi piace del bar, all’italiana, è l’atmosfera cordiale che si respira. La gente si conosce, il barista ti parla sempre, anche se magari ti vede per la prima volta. C’è ancora qualcosa di felliniano in ogni bar che incontro, che all’estero non si potrebbe trovare mai. E poi c’è il caffè – questo è un mondo a parte – perché c’è chi sa prepararlo in modo sublime ma anche chi (purtroppo) avrebbe bisogno di qualche ripetizione per riuscire a servire un espresso decente.
Di bar ce ne sono oggi di tantissimi tipi, da quelli a metà tra il rétro e il vecchio, il cui bancone stretto e lungo è esibito davanti ad un barista affabile e in vena di raccontare storie – sino alle moderne caffetterie che stanno sorgendo nelle grandi città e nelle stazioni, quelle che io chiamo “dark chic” ossia di un’eleganza scura clonata ad ambienti londinesi e newyorkesi. C’ è qualcosa di bello in entrambe le situazioni – pur essendo molto diverse. Il primo bar, quello all’italiana, che trovi ancora nei paesi piccoli e che ti accoglie con un sorriso personale e un aneddoto, sta scomparendo piano piano, ma ha un fascino tutto suo che è italiano al 100%. Qui il caffè te lo fanno ancora sbattendo i piattini sul bancone e non badando – spesso – al lato in cui si posiziona il manico rispetto al cucchiaino (ok, siamo onesti – non badandoci affatto) ma non importa: non sei qui per quello. Sei qui per l’atmosfera – e in Italia l’atmosfera è impagabile, unica, da cartolina. Questi bar sono quelli che hanno servito la prima colazione a milioni di italiani negli ultimi cinquant’anni – gente che scende al bar per prendere il primo espresso, leggere il giornale, mangiare un cornetto, l’equivalente nostrano del croissant francese. Nulla a che vedere con le romantiche e ovattate atmosfere parigine, incipriate di profumo di zucchero a velo e modi più sofisticati. Ma sicuramente più vere, più autentiche, più buone. In questi bar il caffè si fa secondo la regola della casa, ciascuno ha la sua miscela, ciascuno ha la sua tecnica, magari non esattamente la migliore in assoluto, ma dettata da esperienza e collaudata negli anni. Non è il tipo di bar che frequento generalmente, ma quando mi capita (e l’ultima volta è stato vicino a Perugia, prima di Natale) mi rilasso e mi godo lo spettacolo della grande convivialità che il nostro Paese sa offrire insieme ad una tazzina di espresso. Devo dire la verità: quando entro in uno di questi bar meravigliosamente vintage, chiedo un espresso macchiato. Perché mi vergognerei a dire al barista che in effetti amo il mio caffè lungo, molto lungo, ossia annacquato con acqua calda a parte, possibilmente scaldata con il bollitore e non con la lancia. Una cosa “da turista” insomma – che in certi bar autentici farebbe un po’ storcere il naso. Così mi tengo questa richiesta all’americana per le caffetterie milanesi (e quelle cittadine di altri agglomerati urbani simili a Milano) dove mi immagino si sia più abituati alle richieste strane dei turisti che arrivano da tutto il mondo, e a questo punto posso essere sincera sino in fondo e dico anche che spesso ci aggiungo un po’ di latte freddo e, per concludere, lo zucchero.
Il mio caffè al bar non è mai per caso e mai da sola: perché il caffè per me è velocità, e va preso in compagnia, altrimenti si trasformerebbe in fretta.
È una pausa prima di partire per un viaggio, in stazione o in aeroporto, è un punto di incontro prima di incominciare una riunione. È riservato espressamente alla mattina, o al massimo all’ora intorno al pranzo. Poi la mia anima di coffee-lover cede il passo alla lentezza del pomeriggio e la scelta va sul thé. E qui cambia tutto, perché in un tipico bar italiano, se chiedi un thé, ti guardano un po’ ancora come se non stessi bene, poi ti propongono una teiera in metallo rovente e una bustina di thé qualsiasi, accompagnata da una robusta fetta di limone punteggiata di noccioli puntualmente tagliati a metà e da un cucchiaino in acciaio che sfida la legge di gravità quanto a leggerezza… Ma questa è un’altra storia.
In questa storia invece mi piacerebbe sapere come lo prendete voi, il caffè della mattina. Se a casa o al bar. Se anche per voi è sempre lo stesso, oppure cambia con la stagione o le mode (senza arrivare alle bustine di arabica). Se avete una storia legata al vostro caffè al bar, scrivetela su queste pagine digitali – sarà bello leggere come cambia una tazzina di espresso intorno all’Italia che si sveglia.
[post_title] => Il mio caffè al bar [post_excerpt] => [post_status] => publish [comment_status] => closed [ping_status] => closed [post_password] => [post_name] => il-mio-caffe-al-bar [to_ping] => [pinged] => [post_modified] => 2024-07-29 12:17:02 [post_modified_gmt] => 2024-07-29 10:17:02 [post_content_filtered] => [post_parent] => 0 [guid] => https://www.caffevergnano.com/blog/il-mio-caffe-al-bar/ [menu_order] => 0 [post_type] => blog [post_mime_type] => [comment_count] => 0 [filter] => raw ) [4] => WP_Post Object ( [ID] => 66840 [post_author] => 5 [post_date] => 2014-02-13 07:29:42 [post_date_gmt] => 2014-02-13 06:29:42 [post_content] =>I salotti al maschile in voga nell’Ottocento tornano di moda. Per trovare oggi come due secoli fa la serenità e il relax di una vera casa (ma senza mogli in circolazione)
Tabacco e caffè hanno gusti che naturalmente si completano l'un l'altro e sono due emblemi del dopocena, un tempo prettamente maschile. Abbinare sigari, caffè e superalcolici era il passatempo dei salotti signorili, poi dei circoli per soli uomini e oggi di smoking club dal sapore contemporaneo. I club per soli uomini erano salotti a cui si veniva ammessi solo tramite presentazione formale, accettazione e quindi iscrizione. Erano luoghi dedicati alla conversazione, alla musica, alle relazioni d’affari e ai piaceri edonistici come quelli di un buon drink e di una fumata. I Gentleman’s Club nacquero in Inghilterra attorno al Diciottesimo nel West End di Londra, nell’area di St James che è ancora oggi considerata la "clubland". I club sostituirono le vecchie sale da caffè per la upper class del Regno, divennero più popolari e borghesi nel Diciannovesimo secolo quando conobbero il massimo del loro splendore. I primi club come White's, Brooks's o Boodle's erano luoghi aristocratici dove si praticava anche il gioco d’azzardo, legale per gli iscritti. Attorno al 1880 solo a Londra si contavano oltre 400 club e fu quello il periodo di culmine del fenomeno, diluito progressivamente grazie all’apertura di club meno esclusivi e più popolari, in cui si poteva discutere anche di sport, di turismo, di politica. Sorsero club di ex commilitoni, di compagni di università e con il Diciannovesimo secolo aprirono definitivamente le porte anche a coloro che dovevano fare un lavoro per vivere, ossia la borghesia dell’epoca. I Gentleman’s Club erano luoghi privati progettati perché gli uomini potessero rilassarsi e creare amicizie con altri uomini loro pari. Erano considerati una parte centrale della vita degli uomini d’élite ed erano forniti di tutto quello una casa doveva offrire. Erano creati e progettati per le esigenze domestiche dell’uomo, per alleviare lo stress e le preoccupazioni, spazi come sale da pranzo, camere, una biblioteca, animazione e giochi, stanze per dormire, bagni e servizi igienici e uno studio. Erano una casa a tutti gli effetti, 100% al maschile e libera dalle imposizioni e dalla presenza di donne e mogli. Al The White’s, storico club londinese frequentato da Re e primi ministri, vige ancora l’assoluta esclusione delle donne, dopo ben 300 anni di storia, la lista è lunga circa 9 anni e i membri non sono mai più di 500 ( il sito internet? Non serve, quindi non esiste). Sebbene questi club tradizionali non siano più così popolari o influenti come erano in origine oggi stanno tornando prepotentemente di moda. Dopo il divieto di proibizione del fumo dei locali pubblici, negli anni Novanta negli Stati Uniti, sono fioriti nuovi Cigar bar privati in cui poter consumare ottimi alcolici , sigari e caffetteria al di fuori della legislazione vigente. Molti club mantengono ancora una rigida selezione, spesso incomprensibile a coloro che non soddisfano i loro requisiti di appartenenza. La lista d’attesa può essere infinitamente lunga e si deve essere sempre presentati da un socio – ma anche questo non da diritto all’inclusione, infatti si può venir esclusi senza motivazione alcuna. Oggi esistono club di gentiluomini in tutto il mondo, soprattutto nei paesi del Commonwealth e negli Stati Uniti. Alcuni assomigliano a speak easy (locali del tempo del proibizionismo), altri offrono una sorta di ospitalità reciproca a membri di altri club durante i viaggi all'estero. New York City conta il maggior numero di club, più di ogni altra città americana. Lo Yale Club di New York City, comprendente una clubhouse di 22 piani e una adesione a livello mondiale di oltre 11.000 persone, è il più grande gentlemen’s club di stampo tradizionale nel mondo. [post_title] => Gentlemen‘s clubs (donne escluse) [post_excerpt] => [post_status] => publish [comment_status] => open [ping_status] => open [post_password] => [post_name] => gentlemens-club-sigari-2 [to_ping] => [pinged] => [post_modified] => 2014-02-13 07:29:42 [post_modified_gmt] => 2014-02-13 06:29:42 [post_content_filtered] => [post_parent] => 0 [guid] => https://www.caffevergnano.com/blog/gentlemens-club-sigari-2/ [menu_order] => 0 [post_type] => blog [post_mime_type] => [comment_count] => 0 [filter] => raw ) [5] => WP_Post Object ( [ID] => 66837 [post_author] => 5 [post_date] => 2014-02-13 07:52:39 [post_date_gmt] => 2014-02-13 06:52:39 [post_content] =>Non è né una droga pesante né una droga leggera, è il caffè. La sostanza psicoattiva che il 90% di noi utilizza quotidianamente può dare dipendenza?!
La moka diffonde il suo profumo nell’aria, il barista ci porge la tazzina… è mattina. Milioni di persone ogni giorno iniziano così la giornata. E assumono una sostanza psicoattiva, la più diffusa del pianeta. La caffeina è , secondo la rivisra New Scientist , infatti la più popolare "droga psicoattiva" del pianeta, e negli Stati Uniti si conta che più del 90 % degli adulti la assuma ogni giorno e se ne consumano 120.000 tonnellate all'anno . Consumatori produttivi Per la maggior parte dei consumatori di caffeina, il suo principale vantaggio è che, stimolando attenzione, il caffè aiuta a fare di più. A differenza di altre sostanze ricreative come l’alcool o la cannabis non viene assunta per rilassarsi, ma come strumento di produttività. Stephen Braun , autore del saggio Buzz: The Science and Lore of Alcohol and Caffeine, la paragona livello sociale all’uso di masticare foglie di coca delle popolazioni indigene di Perù e Bolivia. Non è un caso, Braun ritiene come la popolarità della caffeina sia esplosa in Europa agli albori della rivoluzione industriale, proprio durante la corsa per una sempre maggiore produttività. Anche la creatività è strettamente correlata al consumo di caffeina però, e ci sono personaggi come Balzac (che pare ne bevesse fino a 50 tazze al giorno) che dichiarava “Se non fosse per il caffè non potrei scrivere, vale a dire che non potrei vivere”. La nostra società è troppo dipendente dalla caffeina? Sì, ma non a causa del caffè o del tè, ma di prodotti alimentari o di bevande dal contenuto elevatissimo di caffeina. Caffè, tè, cole e bevande energetiche sono tutte fonti di caffeina, e sommate una all’altra possono però provocare un abuso continuo, e un inconsapevole assuefazione. La Food and Drug Administration ( FDA) ha rilevato diversi esempi di barrette dietetiche, bevande per sportivi, integratori e persino gomme da masticare che contengono tanta caffeina come una mezza tazza di caffè . “Molte persone non sono consapevoli di quanta caffeina stanno assumendo", hanno spiegato dalla George Washington University, e il risultato potrebbe involontariamente creare problemi come insonnia, indigestione, o aumento della pressione sanguigna. Per i bambini il rischio è poi ancora più alto, poiché il loro organismo non è pronto a questo tipo di assunzione ma la caffeina è “nascosta” in molte bevande di uso comune. Regolamentare e proibire Anche in Finlandia, il Paese che consuma più caffeina al mondo (400 mg) si sta però muovendo verso una più severa regolamentazione delle etichette alimentari per indicare la presenza di questa sostanza - una pratica che sarà esteso in tutta l'UE a partire dal 2014 . I tentativi di reprimere in modo proibizionistico la diffusione di qualunque sostanza sono state però storicamente battaglie perse. Nel 1911, il governo degli Stati Uniti citò la CocaCola Company perché la caffeina contenuta nella bevanda era dannosa per la salute – ovviamente senza successo giudiziario. La regolamentazione della sostanza, spiega sempre Braun, è che agisce su ognuno in modo diverso, seconda dell’età, del metabolismo, dell’abitudine e diventa impossibile fissare un limite "sicuro" e universale per tutte le persone. I definitiva, l’unico modo è autoregolamentarsi in base al proprio organismo, e non eccedere oltre a delle dosi obiettivamente esagerate. La caffeina fa bene Nessun allarmismo! La Harvard School of Public Health ha spiegato che “il consumo di caffè non ha effetti nocivi per la salute", fino ad un consumo medio di sei tazze al giorno. E che anzi, con moderazione, la caffeina può avere alcuni effetti positivi sulla salute. La ricerca suggerisce che potrebbe essere associato ad un ridotto rischio di cancro alla prostata e il cancro al seno. Un altro recente studio ha persino collegato il bere caffè e tè con un minor rischio di diabete di tipo due . Eccesso e dipendenza Secondo il Mental Health Services Administration degli Stati Uniti, il numero delle persone in cerca di cure di emergenza Esistono anche casi documentati di overdose da caffeina, talmente rari quanta la possibilità di assumerne una dose letale. Certo qualunque prodotto, assunto in quantitativi eccessivi può essere tossico o dannoso, persino l’acqua e quindi l’attenzione andrebbe spostata sull’educazione dei consumatori, oltre che sul controllo dei produttori. Gli scienziati della Johns Hopkins University, studiando la possibile dipendenza da caffeina, hanno rilevato una serie di sintomi da astinenza come stanchezza, mal di testa, difficoltà di concentrazione, dolori muscolari e nausea . Se si avvertono questi sintomi, e si è dei consumatori incalliti, forse è il caso di regolarsi. [post_title] => La droga più diffusa al mondo [post_excerpt] => [post_status] => publish [comment_status] => open [ping_status] => open [post_password] => [post_name] => caffeina-dipendenza [to_ping] => [pinged] => [post_modified] => 2014-02-13 07:52:39 [post_modified_gmt] => 2014-02-13 06:52:39 [post_content_filtered] => [post_parent] => 0 [guid] => https://www.caffevergnano.com/blog/caffeina-dipendenza/ [menu_order] => 0 [post_type] => blog [post_mime_type] => [comment_count] => 0 [filter] => raw ) [6] => WP_Post Object ( [ID] => 66845 [post_author] => 5 [post_date] => 2014-02-20 18:00:13 [post_date_gmt] => 2014-02-20 17:00:13 [post_content] =>Nulla di cui vergognarsi, la storia del caffè liofilizzato è di tutto rispetto. E non fa male, non ci sono controindicazioni e non ha nulla da invidiare alla classica moka. Basta non aspettarsi un espresso - ma c'è a chi piace.
Bleah, bevi caffè liofilizzato! Le persone normalmente reagiscono così alla vista di un barattolo di caffè in polvere da sciogliere direttamente nell’acqua – e non si capacitano che a qualcuno possa piacere per davvero, e più dell’espresso. Ma invece è così, basta non cercare di farlo diventare un espresso e godersi le mug di caffè fumante, annacquato ma molto confortante durante l’inverno. E in estate, è la soluzione perfetta con acqua, ghiaccio e un goccio di latte: con una cannuccia diventa subito un drink velocissimo. La reazione di repulsione più che dal sapore è data dall’idea che il caffè liofilizzato sia economico, di scarsa qualità e mediocremente tutto uguale – nulla di più sbagliato! Ne esistono di diverse qualità e aroma, perché si parte dal caffè liquido vero e proprio ed esistono Paesi come il Giappone o la Gran Bretagna in cui questo caffè è il più diffuso, fino al 90% dei consumatori. Invenzioni moderne! Assolutamente no, visto che si litigano la creazione di questo prodotto due scienziati, uno neozelandese (1890) e uno giapponese (1901). La leggenda vuole però che la sua fortuna sia dovuta ad un tale George Washington, illustre omonimo del Presidente degli Stati Uniti, che nel 1906 in un viaggio in Sud America, osservò come i residui di caffè sul fondo di una caffettiera, lasciata troppo a lungo sul fuoco, fossero un concentrato di sapore e molto piacevole. Da ingegnere, intuì che l’altitudine era una delle cause del fenomeno e che si poteva riprodurre la cosa artificialmente, sottovuoto. Non si sa come sia andata davvero la storia, ma quel che è certo è che il caffè liofilizzato sia oggi così diffuso grazie alla Seconda Guerra Mondiale e alle razioni dei soldati americani, ossia alla necessità dell’Esercito di conservare e distribuire beni alimentari leggeri e durevoli.Come è prodotto
Il caffè liofilizzato viene prodotto a partire dal caffè concentrato (liquido) che viene privato del liquido con un processo chimico-fisico. Non è quindi un derivato dai chicchi di caffè, bensì di acqua in cui viene disciolta una polvere fine e densa di caffè, e che poi viene prima surgelato e poi privato nuovamente dell’acqua. Il processo si chiama sublimazione e avviene sottovuoto e ad una temperatura di circa – 20°C e dura alcune ore, se non giorni, in modo che il vapore acqueo fuoriuscendo lentamente dalla polvere di caffè la faccia esplodere rendendola porosa e quindi particolarmente solubile. Si presenta in granuli. Il caffè solubile è una cosa diversa, una polvere ottenuta dall’essicazione di una grande quantità di infuso di caffè, scaldato e poi essiccato da getti di vapore e quindi confezionato. In entrambi i casi la caffeina non diminuisce, se non di poco, mentre il sapore varia, assumendo il gusto caratteristico – buono o cattivo a seconda della qualità e dei gusti. Basta non cercare quello di un espresso. [post_title] => Confessa: bevi caffè solubile. Ma non ti vergognare. [post_excerpt] => [post_status] => publish [comment_status] => open [ping_status] => open [post_password] => [post_name] => caffe-solubile-liofilizzato [to_ping] => [pinged] => [post_modified] => 2014-02-20 18:00:13 [post_modified_gmt] => 2014-02-20 17:00:13 [post_content_filtered] => [post_parent] => 0 [guid] => https://www.caffevergnano.com/blog/caffe-solubile-liofilizzato/ [menu_order] => 0 [post_type] => blog [post_mime_type] => [comment_count] => 0 [filter] => raw ) [7] => WP_Post Object ( [ID] => 66848 [post_author] => 5 [post_date] => 2014-02-21 16:46:30 [post_date_gmt] => 2014-02-21 15:46:30 [post_content] =>Non siamo più in tempo di guerra, e non si bevono più per necessità, ma per scelta. La sera, al posto del decaffeinato o semplicemente perché di cicoria, orzo, segale e malto se ne apprezza il sapore vintage.
Caffè d’orzo, in tazza grande. Se ne sente ordinare al bar di caffè come questo, e non certamente per risparmiare, ma fino a qualche decina di anni fa i surrogati del caffè come orzo, malto, segale o cicoria erano una realtà obbligata – e l’unico modo di sostituire i preziosi chicchi di arabica o robusta (surrogato significa non a caso proprio questo). Oggi ritornano, per questioni di gusto e sull’onda della tendenza vintage. Ma che cosa sono questi surrogati e come si differenziano? Ecco una breve guida. Orzo, malto e segale Il caffè d’orzo ha una storia antica quanto quella del caffè e le prime notizie del suo consumo sono databili già a partire dal Settecento. L’orzo, come altri cereali tipo avena e segale, veniva tostato e poi macinato, come i chicchi di caffè, e poi fatto bollire con acqua e filtrato. L’orzo e l’avena, anche se la tostatura ne intensifica il sapore, hanno un gusto più dolce mentre la segale ha un sapore amaro, per molti sgradevole. Si preparavano come oggi si fa ancora oggi il caffè turco, facendo bollire l’acqua con la polvere d’orzo e poi lasciando depositare il residuo sul fondo, ma esistono le cosiddette “orziere” ossia moka con i fori del filtro più larghi che lasciano filtrare meglio l’acqua in ebollizione. Il caffè di malto ha un gusto più dolce e viene prodotto normalmente a partire dall’orzo. I chicchi di cereale vengono maltati, ossia lasciati in ammollo in acqua fino a che germogliando trasformano il cereale in zucchero. Vengono quindi essiccati e tostati, in modo da caramellare gli zuccheri e conferire colore e aroma. Cicoria, fichi e lupini Il caffè di cicoria viene prodotto con un’erba simile a quella selvatica che si trova anche nelle nostre campagne ed era molto diffuso nei paesi come Germani, Austria ed est Europa. Anche i fichi sono stati utilizzati in passato per produrre surrogati di caffè, come ghiande e lupini. In Alto Adige si ricorda l’uso di un particolare tipo di pera, la pera Pala, che veniva miscelata all’orzo e al malto per la preparazione di una bevanda simile al caffè. L’alternativa al caffè Non c’è da storcere il naso a sentir parlare di cicoria, malto e fichi, perché il ritorno dei surrogati è la risposta salutistica e senza caffeina a chi vuole bere una tazza fumante, senza per questo ricorrere a tè e tisane. Adatti a bambini e anziani, i surrogati sono un perfetto dopocena o una pausa pomeridiana, ed essendo più dolci non necessitano di zucchero. [post_title] => Caffè d’orzo e altri surrogati [post_excerpt] => [post_status] => publish [comment_status] => open [ping_status] => open [post_password] => [post_name] => caffe-orzo-cicoria-surrogati [to_ping] => [pinged] => [post_modified] => 2014-02-21 16:46:30 [post_modified_gmt] => 2014-02-21 15:46:30 [post_content_filtered] => [post_parent] => 0 [guid] => https://www.caffevergnano.com/blog/caffe-orzo-cicoria-surrogati/ [menu_order] => 0 [post_type] => blog [post_mime_type] => [comment_count] => 0 [filter] => raw ) [8] => WP_Post Object ( [ID] => 66863 [post_author] => 5 [post_date] => 2014-03-06 10:25:51 [post_date_gmt] => 2014-03-06 09:25:51 [post_content] =>Altroconsumo, la popolare rivista, ha pubblicato un interessante studio sulla sostenibilità del caffè che consumiamo. Perché non sia solo una questione di gusti.
Il verdetto è chiaro: ci sono caffè ecosostenibili è caffè che non lo sono affatto, e non parliamo di zone o metodi produttivi, condizione dei lavoratori o trasporto su gomma. Parliamo di caffè vero e proprio, di bevanda, che può essere più o meno dannosa – a livello di impatto ambientale.
Esistono 5 metodi per fare il caffè, dalla classica moka alle capsule in alluminio. Quale il modo migliore per godersi un espresso senza danneggiare l’ambiente e le generazioni future? Ecco la classifica redatta dalla rivista Altroconsumo, che considera rifiuti, dispendio energetico e impatto della produzione e dello smaltimento della macchinetta.
5° posto: la macchinetta per il filter coffee americano
Sono economiche perché come unica componente elettrica hanno la resistenza che mantiene in temperatura il caffè per ore. Una comodità, ma anche il motivo per cui questo caffè il più incisivo a livello di impatto ambientale. La carta dei filtri e il rifiuto una volta dismesso l’elettrodomestico invece non sono un problema rilevante.
4° posto: macchinetta automatica
Sempre per problemi “elettrici”, le macchinette automatiche per il caffè si sono piazzate al quarto posto. Per l’alto dispendio di energia elettrica essenzialmente, che deve comunque mantenere in attività la macchina seppur ad un livello minimo.
3°posto: cialde in alluminio
Lo scarto non biodegradabile è elevatissimo, che unito all’energia per il funzionamento della macchinetta rende questo caffè molto costoso a livello economico, oltre che ecologico. “Dopo un anno di utilizzo, la macchina produce qualcosa come 700 g di alluminio, 5,7 kg di plastica e 4,2 kg di carta” spiega Altroconsumo nella sua indagine.
2° posto: caffè in cialda biodegradabile
La macchinetta si accende e si spegne come per quella a capsule in alluminio, ma con la differenza che le cialde in garza o le capsule biodegradabili sono ecocompatibili. “Dal punto di vista dell’inquinamento, al di là dei fondi di caffè, comuni a tutti i sistemi, gli unici residui sono concentrati sulla carta o nel recipiente che contiene il caffè”.
1°posto: la moka
La cara e vecchia moka è il metodo più green e al tempo stesso il più economico per le nostre tasche “La moka è fatta di alluminio che, spesso, è riciclato ed è comunque riciclabile. Inoltre, durante il suo utilizzo, viene prodotta una scarsa quantità di rifiuti: al di là dei fondi di caffè, che sono comunque comuni a tutti i tipi di macchine, gli unici scarti che vanno presi in considerazione sono l'involucro o la latta che contengono il caffè” spiega Altroconsumo. Quindi se si sceglie una miscela biologica si è davvero fatto di tutto per bere un caffè buono, ed ecosostenibile.
Inoltre, già disponibili sull’È-shop di Caffè Vergnano, le capsule compatibili compostabili che rappresentano una soluzione concreta per contribuire alla riduzione di rifiuti non smaltibili.
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Un caffè alla volta verso un futuro più green!Sambuca, amaro, grappa, venivano usati per cancellare il sapore di un pessimo caffè. Oggi si è tornati ad abbinamenti che possano valorizzare e accompagnare un ottimo espresso.
Il caffè non doveva proprio essere un gran ché che per far nascere l’uso di cancellarne il sapore con qualcosa di decisamente più forte. Sambuca, amari, grappe sono infatti capaci di pulire la bocca e far dimenticare l’aroma di un espresso. Un vero peccato. Se il caffè è buono quello di cui si ha voglia è un alcolico che accompagni e prolunghi la sensazione piacevole di amaro e tostato. Si ritorna un po’ all’uso di lasciare la tavola, trasferirsi in salotto e servire lì, come vorrebbero i manuali di buone maniere, il caffè e poi una selezione di after dinner drink (con tanto di sigaro!). Ecco i più conosciuti, e le doverose differenze. Liquore o distillato, non sono sinonimi I distillati sono bevande alcoliche ottenute dalla distillazione, ossia il riscaldamento di una bevanda a bassa gradazione alcolica per separarne la parte liquida da quella alcolica e volatile. L’elemento volatile viene poi convogliato nell’alambicco e tramite raffreddamento nuovamente trasformato in liquido, che alla fine del processo ha una più alta gradazione. Sono fatti così la grappa, i brandy, vodka, gin e tequila. Il liquore invece è ottenuto assemblando alcool con aromi come erbe, frutti e spezie per infusione a caldo o macerazione a freddo. Vi viene aggiunto zucchero e acqua, per raggiungere la gradazione alcolica desiderata. Grappa Distillato di vinacce d’uva, per definizione prodotto in Italia. Può essere giovane o invecchiata, da 12 mesi fino a periodi anche più lunghi, in tank o in barrique. Viene definita Aromatica se viene prodotta con vinacce di vini aromatici (Moscato o Traminer) o aromatizzata se vi vengono immerse erbe, frutti o spezie. Può essere di monovitigno (solo di Nebbiolo ad esempio) o mista. Acquavite Distillato di mosto d’uva, ossia del succo fermentato d’uva contenente vinacce. Rispetto alla grappa ha un sapore più fruttato e fragrante. Distillati di vino: Brandy, Cognac, Armagnac Il brandy è un distillato di vino bianco (acquavite), o di altri frutti. Si beve a temperatura ambiente nei classici bicchieri a ballon, da tenere fra le mani per trasferire il giusto calore, e liberare così i profumi. Il Cognac e l’Armagnac sono due brandy di vino prodotti nelle due rispettive regioni della Francia, invecchiati in barrique da cui derivano il color ambrato. Calvados Un distillato di vino di mele, ossia sidro, prodotto tradizionalmente nella bassa Normandia, in Francia. Sambuca Liquore cristallino al gusto di anice con aggiunta di erbe, prodotto con alcol e zucchero. Tradizionalmente aggiunta al caffè o servita con “la mosca”, un chicco lasciato cadere nel bicchierino. Amari Liquori aromatizzati, ottenuti unendo alcool ad erbe medicinali, con formule segrete e molto complesse, lasciate macerare e zucchero. Amaretto È un liquore preparato da una base alcolica e da frutta, come il Nocino o il Limoncello. Viene preparato con mandorle amare. Si beve liscio o con ghiaccio, e viene usato per correggere il caffè. [post_title] => Ammazzacaffè: la guida definitiva [post_excerpt] => [post_status] => publish [comment_status] => open [ping_status] => open [post_password] => [post_name] => ammazzacaffe-liquori-distillati-caffe [to_ping] => [pinged] => [post_modified] => 2014-01-31 09:54:38 [post_modified_gmt] => 2014-01-31 08:54:38 [post_content_filtered] => [post_parent] => 0 [guid] => https://www.caffevergnano.com/blog/ammazzacaffe-liquori-distillati-caffe/ [menu_order] => 0 [post_type] => blog [post_mime_type] => [comment_count] => 0 [filter] => raw ) [comment_count] => 0 [current_comment] => -1 [found_posts] => 568 [max_num_pages] => 64 [max_num_comment_pages] => 0 [is_single] => [is_preview] => [is_page] => [is_archive] => 1 [is_date] => [is_year] => [is_month] => [is_day] => [is_time] => [is_author] => [is_category] => 1 [is_tag] => [is_tax] => [is_search] => [is_feed] => [is_comment_feed] => [is_trackback] => [is_home] => [is_privacy_policy] => [is_404] => [is_embed] => [is_paged] => 1 [is_admin] => [is_attachment] => [is_singular] => [is_robots] => [is_favicon] => [is_posts_page] => [is_post_type_archive] => [query_vars_hash:WP_Query:private] => f3e10dee00239cc9522411f5f1d66cd4 [query_vars_changed:WP_Query:private] => 1 [thumbnails_cached] => 1 [allow_query_attachment_by_filename:protected] => [stopwords:WP_Query:private] => [compat_fields:WP_Query:private] => Array ( [0] => query_vars_hash [1] => query_vars_changed ) [compat_methods:WP_Query:private] => Array ( [0] => init_query_flags [1] => parse_tax_query ) )