Ti ho fatto un pensierino

Orietta andava pazza per i mercatini. Dell’usato, soprattutto, che erano da sempre nel suo cuore, e poi per quelli dell’artigianato pieni di legno e di mobiletti.

L’importante per lei era che ci fosse un po’ di confusione, la possibilità di perdersi, il sole mite di una bella giornata e l’occasione di trovare qualcosa di unico e irripetibile.

Ovviamente preferiva i mercatini stranieri, a quelli in italiani, perché erano viaggi anche in altre culture con quelle scatole con su scritto: “Biscuits”.

Ogni tanto partiva dalla sua Cuneo – viveva sola in una grande casa – e se ne andava a Nizza, dove tutti i lunedì si svolgeva nella città vecchia un mercatino tra case gialle e cieli azzurri.

Lei affittava una stanza da Madame Germaine, prendeva il primo treno e si portava un trolley enorme vuoto, che sperava di riempire al ritorno con cose nuove. Aveva un debole per le posate d’argento, i candelabri e i piccoli quadri.

Non stava mai troppo a verificare l’autenticità delle cose, perché si fidava ciecamente dei francesi e dei prezzi che vedeva: quando una cosa costava un po’ più cara, era sicura che fosse autentica.

Ogni tanto, se la invitavano all’ultimo minuto a una festa o a una cena, si presentava con uno degli oggetti che teneva nella sua stanzetta, che aveva arredato come se fosse un bazar. Quegli oggetti erano i suoi migliori amici, e ogni volta faceva fatica a separarsene.

A ottobre arrivò puntuale il compleanno di Armida, che la metteva sempre in soggezione con la sua cultura e la capacità di avere un’opinione su tutto.

L’ultima volta Orietta le aveva regalato un vaso di porcellana di fine Ottocento, che l’amica aveva accolto con entusiasmo piuttosto tiepido. Per cui, dinanzi a un nuovo regalo, Orietta aveva pensato a un servizio da caffè anni Cinquanta.

Poco prima di prepararsi per la cena, però, ebbe il dubbio che sarebbe stato guardato con una certa sufficienza per cui si mise a spulciare nel bazar per vedere se spuntava fuori qualcosa d’interessante.

C’era un piccolo disegno che a Orietta piaceva, ma che in casa non sapeva proprio dove piazzare. Era il ritratto di una ballerina stanca, appena tratteggiata, che guardava nel vuoto con occhi provati e assenti. Orietta si ricordò che Armida, ogni tanto, andava a vedere gli spettacoli di balletto a Milano, così decise di sacrificare quel piccolo disegno e di regalarlo alla sua amica antipatica, che l’accolse con una tavola apparecchiata di bianco e poche altre persone.

Alla fine della cena, dopo il caffè, tutte le invitate consegnarono il loro regalo alla festeggiata, che faceva ogni volta delle facce di circostanza.

Orietta si avvicinò a quella consegna con un po’ di timore: era solo il disegno di una ballerina.

Armida aprì il pacchetto e restò a guardarlo qualche istante in silenzio: “Dove l’hai trovato?” chiese con un tono che non ammetteva menzogne. “A Nizza, da un nuovo rigattiere… sapevo che ti piaceva la danza e così mi è sembrato il regalo giusto”.

“Molto interessante, rispose Armida, molto interessante”. E non aggiunse altro.

Orietta ritornò a casa abbastanza delusa da quella reazione e per un po’ di mesi non seppe più nulla di quella donna.

Passò un anno e di lei nessuna notizia. Anzi, ebbe l’impressione che fosse sparita pure da Cuneo. Poi, come se nulla fosse, arrivò un nuovo invito di compleanno con un nuovo indirizzo.

L’appartamento si era però trasformato in una grande villa circondata dal verde, con tanto di cameriera che ti toglie il soprabito. Orietta si presentò con un servizio di posate che Armida non voleva quasi scartare.

Poi lo fece, si scusò di essere sparita, e abbracciò la sua amica con un certo imbarazzo: “Dove hai messo quella ballerina?” le chiese Orietta con ingenuità.

Armida cercò di trovare una via d’uscita ma davanti a sé vide solo la verità: “L’ho ceduta a un antiquario… che se n’era innamorato.”

“Ah”, disse Orietta un po’ delusa.

Non avrebbe mai saputo che quella ballerina era un disegno originale di Degas.

E non avrebbe mai imparato che alle brutte persone non si devono fare bei regali.

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