Stasera pago io

Sonia era stufa che fosse sempre il suo fidanzato a offrirle la cena. La trovava proprio una cosa retrograda, che nulla aveva a che fare con il galateo.

Sarà che forse era di Biella, anche se da 20 anni viveva in un paesino della Calabria dove era difficilissimo pagare quando era in compagnia di un ragazzo. Anzi, le era impossibile.

E Vincenzo, da quando si erano fidanzati, non le aveva fatto sganciare nemmeno un centesimo.

Lei alla fine si era abituata, anche se ogni volta che tornava a trovare i suoi a Biella le dicevano che comunque “non si può sempre vivere sulle spalle degli altri, anche se ci amano. Nella vita bisogna essere indipendenti!!!”

I suoi amici, per sfotterla, la chiamavano “la calabrisella di Biella”. Lei abbozzava, ma appena tornava al paesino sulla Sila tornava prigioniera di tante abitudini che un po’, in realtà, l’avevano fatta innamorare di quella gente.

L’ultima volta, però, sua madre gliel’aveva fatto promettere: “Almeno una cena al tuo ragazzo prima che vi sposiate gliela devi offrire.”

E Sonia si era sforzata di essere di parola.

Appena rientrata aveva preso Vincenzo con le buone, come se dovesse confidargli un segreto, e aveva raccontato delle parole di sua madre. Sembrava che parlasse dei massimi sistemi, invece stava dicendo al suo ragazzo che voleva offrirgli una cena!

Lui all’inizio era stato un po’ rigido, ma quando sentì che di mezzo c’era la futura suocera decise di accettare. In fondo sarebbe bastato non raccontarlo a suo nonno che, se lo avesse scoperto, lo avrebbe sicuramente considerato un uomo di categoria inferiore.

Per cui la lasciò fare: almeno una volta nella vita poteva provare quella nuova esperienza. Sonia ovviamente cercò di esagerare: per la sua prima cena “pagante” voleva il ristorante migliore della zona, e ne trovò uno recensito su tutte le guide: “La lanterna magica”, cucina calabrese fusion.

Pure Trip Advisor ne dava un giudizio positivo anche se lo definiva “elegante, un po’ snob, decisamente caro”. Ma per una volta che paghi, è inutile stare guardare i prezzi.

Arrivò il fatidico giorno, e Vincenzo passò a prendere Sonia con cinque minuti di anticipo. Lei aveva talmente ribadito quanto ci tenesse, che lui si era vestito come a un matrimonio. In effetti, aveva fatto bene.

Il ristorante era così formale da risultare freddo, ma il loro tavolo era bellissimo, in una saletta dove sedevano solo un’altra coppia di signori che mangiavano ‘nduja e tofu. Uno di quei posti dove conviene parlare a bassa voce.

Appena aprì il menù, Sonia si chiese come mai avesse portato solo contanti, e non la carta di credito. Ma non essendo più abituata a pagare, aveva pensato che 200 euro per una cena fossero più che sufficienti.

Cercò di non pensarci e non mostrarsi turbata, anzi sollecitò Vincenzo a ordinare tutto ciò che desiderava.

Lui, in realtà, non ci capiva niente e andò dietro ai consigli del cameriere, che suggerì gli abbinamenti più costosi: “peperoncini piccanti su un letto di caviale, il nostro must” .

E mentre lui si godeva la cena, lei era terrorizzata da non avere soldi sufficienti per pagare. Sorseggiava piano il vino per evitare che la bottiglia finisse.

Vincenzo, ovviamente, non si accorse di nulla.

Quando il cameriere chiese se volevano il dolce, Sonia pensò che quello le avrebbe dato la botta finale e chiese solo un caffè. Il suo ignaro fidanzato invece si gettò su un gelato di Pizzo con glassa di vino Soutern da 14 euro.

Il conto fu di “soli” 196 euro e Sonia lasciò pure il resto di mancia, che la fece sentire grandiosa.

All’uscita, Vincenzo le disse che avrebbe dovuto portarlo lì più spesso.

Sonia si chiese perché aveva dato retta a sua madre.

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