Non pensarci

Susanna era una di quelle signore che comprano il primo regalo di Natale a ottobre.

Una volta, addirittura, aveva cominciato a settembre, appena rientrata dalle vacanze. Stilava ogni anno una lunga lista, per poi depennare le persone a cui non lo avrebbe fatto più: le amiche che non sanno riciclare, innanzi tutto. E quelli che comprano stupidaggini senza metterci un po’ di cervello. Queste persone venivano quasi sempre escluse dai regali successivi o finivano nella lista degli “anonimi”.

Gli “anonimi” erano i pensierini che Susanna prendeva per le persone a cui teneva poco, quando era costretta, viste le circostanze, a portare qualcosa: marmellate all’arancia amara, saponette dalle forme bizzarre, bottiglie di prosecco millesimato e confezioni di praline erano quanto di più triste lei potesse immaginare.

Ogni anno organizzava a metà dicembre un piccolo Natale per i suoi amici: ognuno le portava un pensierino e lei a ciascuno consegnava un pacchetto fatto con le sue manine con dentro un oggetto sempre “pensato”.

Era difficile batterla, e non dipendeva dal fatto che potesse spendere. Lei faceva i regali con il cuore, e quando ci metti il cuore non hai bisogno di un grosso budget: basta una buona idea, un bel biglietto e voilà, la sorpresa è assicurata.

I suoi amici l’avevano soprannominata la “papessa”, e aspettavano con ansia il suo “Natale con gli amici”, che era sempre impeccabile: per il cibo non badava a spese ed era brava a mischiare gli invitati in modo che ci fosse ogni volta quel tocco di novità, dalla nobildonna decaduta all’idraulico più bello del quartiere.

A Vicenza era una delle feste più ambite ed essere invitati dalla Susanna era un simbolo di status.

Nell’ultima occasione aveva però deciso di fare pulizia e di ridurre il numero degli ospiti, per cui aveva eliminato: i noiosi; gli appiccicosi; gli invadenti; i devastatori del buffet.

Su Antonietta, invece, aveva qualche riserva: le aveva sempre portato regali riciclati, secondo lei, o comunque a Susanna non erano mai piaciuti granché.

Era evidente che Antonietta veniva solo per mangiare e fare un po’ di pubbliche relazioni, anche se poi se ne tornava sempre a casa senza né un biglietto da visita né il numero dell’idraulico.

Per cui Susanna decise di graziarla e di telefonarle lo stesso, anche se sarebbe stata declassata nei regali “anonimi”. Per lei scelse una bottiglia di recioto, senza infamia né lode, così la sua amica scroccona avrebbe finalmente capito cos’è un regalo fatto senza passione.

Antonietta, dal canto suo, decise di andare con qualche titubanza: ogni volta aveva scelto con attenzione il regalo per Susanna, ma puntualmente l’amica lo aveva scartato con aria di sufficienza come se lei lo avesse riciclato o – peggio ancora – l’avesse pagato poco!

In particolare era dispiaciuta per l’ultimo centrotavola.

Lei ci aveva messo tre giorni a trovarlo – nessuno li vende più a Vicenza! – senza nemmeno immaginare che a qualcuno non piacessero i centrotavola. Semplicemente, la povera Antonietta non aveva gusto.

Per cui accettò perché le pareva scortese dire di no, pensando però di non sprecare troppe energie per il regalo: scese sotto casa e comprò un macinino da caffè, una di quelle cose in disuso che ormai nessuno vuole più. Quel regalo sarebbe stata la sua forma di protesta.

Arrivò alla festa che era già iniziata. Tutti bevevano prosecco e parlavano male degli assenti.

Secondo tradizione, il regalo sarebbe stato consegnato dopo il pandoro con la crema di mascarpone, di cui Susanna millantava di avere la ricetta segreta di Bastianich.

Assaggiata la bomba calorica, gli ospiti andavano in fila nella stanza della “papessa” a consegnarle il regalo e a ricevere il proprio.

La povera Antonietta arrivò al cospetto della signora senza aver bevuto nemmeno un sorso di Franciacorta – era quasi astemia – e si avviò ad affrontare quella faccia disgustata.

Quando invece Susanna scartò il macinino da caffè, non poteva credere ai suoi occhi: aveva riscoperto il piacere della moka e le sarebbe piaciuto riprendere quei riti che sembravano già un po’ antichi.

Evidentemente Antonietta lo aveva saputo e aveva avuto questa delicatezza. Susanna si commosse fino quasi alle lacrime, e si sentì terribilmente in colpa mentre le consegnava la bottiglia di recioto.

In quel momento, sarebbe voluta scomparire. Antonietta scartò la bottiglia con un’evidente diffidenza – non amava bere – ma anche lei strabuzzò gli occhi: il recioto era l’unico vino che gradiva, perché era dolciastro senza essere troppo alcolico. Evidentemente Susanna la conosceva bene!

Le due signore si abbracciarono come non avevano mai fatto e da quella sera divennero veramente amiche.

Senza saperlo, entrambe capirono che il regalo migliore si compra senza pensarci troppo.

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