Pretty Woman per un’ora

Antonella, da quando si era trasferita a Londra, aveva sempre lavorato in un negozio di scarpe. Alla fine però si era stufata di avere a che fare con i piedi delle persone, anche se si trattava di piedi inglesi.

Negli anni aveva cercato di farci l’abitudine – a quelle forme e a quegli odori – ma alla fine si era arresa. E ogni volta che aiutava le donne a indossare tacchi, si rendeva conto che Cenerentola era proprio una favoletta. Aveva così iniziato a detestare i clienti e a vendicarsi, consigliando scarpe della misura sbagliata oppure dicendo ai signori che il mocassino dopo un po’ cede, una delle più grandi bugie dell’umanità.

Un pomeriggio, mentre passeggiava, lesse il cartello “cercasi barista” in uno dei caffè più antichi di Charing Cross, e decise di candidarsi. La cosa più importante, per lei, era non avere più a che fare con i piedi!

Si presentò al colloquio nella forma migliore, pronta a convincere tutti di essere la persona adatta a quel ruolo. Lo aveva fatto da studentessa, per arrotondare, ma erano anni che era lontana dai vassoi. Millantò esperienze che non aveva e, vista l’urgenza di una nuova cameriera, l’assunsero all’istante.

Pensò che fosse merito della sua camicia portafortuna, anche se in realtà l’avevano scelta per le forme che quella camicia disegnava.

Il giorno successivo, Antonella aveva mollato anni di scarpe e colleghe odiose, ed era al Saint Martin’s Bar.  Dopo dieci anni, aveva detto addio al mondo della calzatura senza nemmeno un rimpianto.

In quel bar si sentiva una regina.

Aveva una divisa bellissima e imparò subito le movenze adatte a una cameriera di livello. In realtà, aveva un’eleganza tutta sua, e poi sembrava che avesse sempre svolto quel lavoro. Le cose che impari da adolescente le ricordi per tutta la vita.

Tutti si accorsero di lei, e i clienti più esigenti le lasciavano mance importanti. Perché Antonella non si limitava a servire: lei sprizzava erotismo e felicità.

Un giorno si presentò uno dei signori più irascibili ed esigenti, capace di grandi spese e di grandi scenate. Il direttore fece cenno ad Antonella di occuparsene, raccomandandosi di prestare la massima attenzione.

Lei, che ormai si sentiva padrona del locale, fece spallucce e prese l’ordinazione con la solita velocità. “Un caffè doppio, please”, gli disse. Quando Antonella tornò al tavolo affacciato proprio su Charing Cross, si rese conto che quell’uomo la stava osservando. Lei era talmente sicura di sé da non abbassare lo sguardo. Peccato che si dimenticò lo scalino e, per un attimo, perse l’equilibrio.

Riuscì a tenere il vassoio, ma non la tazzina, che cadde rovinosamente sulla scarpa del mister. Sul suo mocassino di camoscio beige, comparve una grossa voglia di caffè.

I clienti intorno stettero lì a guardarli, pronti a una scenata. Invece, mentre Antonella raccoglieva i cocci sperando che le si aprisse una botola sotto di sé, quell’uomo le disse: “Ho sempre odiato queste scarpe. Erano un regalo della mia ex. Conosce un negozio in zona dove posso prenderne un altro paio?”

Antonella lo guardò pensando di non credere alle sue orecchie.

Il suo capo, che si era avvicinato, l’autorizzò a qualsiasi gesto pur di salvare la situazione. Lei posò la divisa e accompagnò il cliente nel suo vecchio negozio di scarpe dove si era ripromessa di non metterci più piede.

“Mi chiamo Leonard”, le disse mentre entravano. Era di una bellezza sconcertante. Quando le sue ex-colleghe la videro comparire accanto a lui, Antonella si sentì per un attimo Pretty Woman.

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