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“Macchiata” o con la brioche è una tradizione – da provare. Ecco che cosa ordinare a Catania, Enna o Messina.
I caffè “on the road” di Csaba dalla Zorza, blogger del magazine Coffeeandnews.it. Il suo diario alla scoperta di come si prepara, si serve e si beve la nostra bevanda nazionale in giro per il mondo comincia da qui, da un caffè servito a letto, in vacanza…
Terminal Coffee.
I migliori caffè negli aeroporti internazionali più visitati di questa estate, e altri modi per “ammazzare” il tempo dell’attesa, da Bergamo a Chicago, dall’Harrods Cafè a quello delle pasticceria Ladurée o dell’originale Torta Sacher.
Lo spread espresso fra Italia e Germania.
Il caffè i tedeschi lo bevono strano, amaro e bruciato, ed arrivati in Italia sorseggiano cappuccino dopo cena. Ma anche da loro il gusto comincia a cambiare.
Come abbiamo esportato il caffè, e l’aperitivo, ai francesi.
È mattina presto sulla promenade des Anglais. Il sole già caldo batte sul ferro delle chaises blues, le tipiche sedie smaltate d’azzurro…
La ricetta del gelataio Alberto Marchetti, torinese DOC, per un gelato davvero artigianale, a Km zero e con ingredienti di prima qualità. Da fare in casa.
Nell’immaginario collettivo e soprattutto davanti ad uno scaffale del supermercato un caffè 100% Arabica è per definizione migliore, più buono e più pregiato di una miscela […]
Con ghiaccio, shakerato o raffreddato? Come fare un caffè da brivido e 3 ricette. Solo due ingredienti, ghiaccio e caffè, ma i caffè freddi non sono tutti […]
Il caffè è una bevanda antica, la si coltiva, la si raccoglie e la si beve più o meno allo stesso modo da migliaia di anni. […]
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Ecco che cosa ordinare a Catania, Enna o Messina.
Bere e mangiare qualcosa di caldo quando il sole batte a picco e il caldo diventa sahariano è una cosa impossibile. Così da maggio a settembre in Sicilia le abitudini cambiano e nei bar il classico espresso e il cappuccino con la brioche lasciano il passo alla loro versione gelata. La granita più famosa in Sicilia è la granita al limone, ma le tradizioni variano di paese a paese. Granita, più spessa e ghiacciata, o gremolata o cremolata, a consistenza più fine ed omogenea - le due ricette si sovrappongono e confondono spesso. Nel catanese si fa la granita di gelso, nel messinese quella di mandorle, a Bronte non si può non mangiare quella di pistacchio a Bronte. E la granita la caffè? Tipica del messinese, perché più che altro è il caffè stesso che diventa gelato: “ Il caffè freddo lo serviamo a -11°, con granetti di ghiaccio, nel bicchiere di vetro”. Deve restare granuloso e poi ci si aggiunge una cucchiaiata di panna. Oppure si usa per “macchiare” la granita al latte di mandorla - spiega Fabrizio, siciliano Doc, e gestore del Caffè Vergnano di Regalbuto, in provincia di Enna. Alla mattina, appena svegli, si fa colazione con la granita – nella brioche ovviamente – e dopo pranzo il caffè lo si beve davvero gelato. La granita con la brioche si mangia ancora prima del primo espresso della giornata, ma nelle giornate più calde non è difficile che diventi un sostituto del pranzo, o persino della cena. La si serve a parte, o aperta a metà e farcita con granita o gelato. Per i più golosi con aggiunta di panna, montata al momento. “Il miglior modo per mangiare la granita è sicuramente con la brioche. È una brioche apposita per il gelato, fatta con farina Manitoba, latte, uova, zucchero, e lunga lievitazione. Rotonda, dorata e lucente è quella con la classica pallina sulla cima. Una delle migliori, anzi la migliore non se ne abbiano a male i miei concittadini, è quella catanese, ma anche a Regalbuto ne abbiamo una ottima”. LA RICETTA Fare del caffè, espresso o con la moka, versarlo in una bacinella ampia e bassa e zuccherarlo a piacere. Lasciare raffreddare il caffè a temperatura ambiente. Infilare la bacinella nel freezer e dopo un’oretta, tirarla fuori, mescolare con una forchetta e rimettere in freezer. Basta fare questa operazione ad intervalli regolari –bastano un paio d’ore per fare la granita se si parte da una moka da 3 ad esempio, serve più tempo a seconda della quantità di caffè. [post_title] => Fenomenologia della granita siciliana [post_excerpt] => [post_status] => publish [comment_status] => open [ping_status] => open [post_password] => [post_name] => fenomenologia-della-granita-siciliana [to_ping] => [pinged] => [post_modified] => 2013-08-21 11:26:16 [post_modified_gmt] => 2013-08-21 09:26:16 [post_content_filtered] => [post_parent] => 0 [guid] => https://www.caffevergnano.com/blog/fenomenologia-della-granita-siciliana/ [menu_order] => 0 [post_type] => blog [post_mime_type] => [comment_count] => 0 [filter] => raw ) [1] => WP_Post Object ( [ID] => 66651 [post_author] => 5 [post_date] => 2013-08-06 07:03:20 [post_date_gmt] => 2013-08-06 05:03:20 [post_content] =>I caffè "on the road" di Csaba dalla Zorza, "blogger" del magazine Coffeeandnews.it. Il suo diario alla scoperta di come si prepara, si serve e si beve la nostra bevanda nazionale in giro per il mondo comincia da qui, da un caffè servito a letto, in vacanza...
Penso di essere una delle poche italiane che ha imparato a bere il caffè all’estero, se ci penso provo un po’ di disagio, ma poi invece mi rendo conto che è stato un vantaggio, perché mi ha insegnato ad apprezzare il caffè buono, ogni volta che lo incontro. Quando mi sono trasferita in Giappone, alla fine degli anni ’80, l’espresso non era contemplato a casa e il caffè fatto con la moka sarebbe stato qualcosa di troppo esotico da reperire a Tokyo (o, dovrei dire, troppo costoso all’epoca per le mie tasche). Fatto sta che la mia “iniziazione” a questa bevanda – che oggi adoro – fu opera del caffè solubile. Lo dico per sincerità: mi piaceva e mi piace ancora, lo considero un luogo di approdo felice quando mi trovo in situazioni in cui il caffè buono è poco reperibile (in certi bar a Milano, ad esempio, farebbero meglio a servire questo surrogato senza pretese piuttosto che una tazzina preparata male). Negli anni, comunque, il mio rito del caffè si è evoluto, ampliato e raffinato. Oggi sono capace di preparare un’ottima moka (che io non bevo) e adoro fare il primo caffè della mattina a mio marito, usando i chicchi interi che vengono macinati al momento dalla nostra macchinetta per l’espresso, un piccolo lusso che mi sono concessa con la nuova cucina, due anni fa. Il profumo dei chicchi appena macinati che diventano liquido nero e cremoso nella tazzina dà alla mia giornata un’energia particolare, che mi fa stare bene. In vacanza ci si deve “accontentare” di quello che passa il convento, come si dice, e non sempre ho la fortuna di trovare un buon caffè. Ma la mia ricerca è incessante e ormai non esiste luogo che io possa frequentare, anche per un solo giorno, nel quale non provi a sentirmi a casa con una tazzina di caffè. Da quello europeo (il migliore forse che ricordo è a Londra, ma in una caffetteria italiana – nda..) a quello caraibico. Il mio peggior caffè? Sulla terrazza del golf Club all’Hyatt di Grand Cayman – ma la vista era talmente spettacolare che seduta lì potrei anche prenderne altri… Ecco, il mio caffè “on the road” potrebbe essere un diario alla scoperta di come si prepara, si serve e si beve la nostra bevanda nazionale in giro per il mondo. In realtà è frutto di una ricerca ormai automatica della tazzina perfetta, che deve accompagnare il mio risveglio per far sì che sia davvero una buona giornata. In questo momento, mentre scrivo da casa mia, al mare, il caffè della mattina è preparato con la moka e poi versato in una grande caffettiera che viene portata sulla tavola, insieme a tutto il resto. Ancora per qualche giorno sono in Sardegna, nella cornice che ha ospitato il set del mio libro “Summer Holidays” dal quale ho preso la fotografia che vedete qui (il letto della mia camera con il vassoio della prima colazione). Fare colazione a letto – come ormai è noto – è una delle cose che più mi piace, e come ogni lusso, va assaporato solo ogni tanto, per mantenerlo tale. E a voi, come piace prendere il caffè in vacanza? Raccontatelo su queste pagine di blog, mi piacerà sapere come state passando le vostre vacanze. A presto! Csaba [post_title] => Il mio caffè in vacanza [post_excerpt] => I caffè "on the road" di Csaba dalla Zorza, blogger del magazine Coffeeandnews.it. Il suo diario alla scoperta di come si prepara, si serve e si beve la nostra bevanda nazionale in giro per il mondo comincia da qui, da un caffè servito a letto, in vacanza... [post_status] => publish [comment_status] => open [ping_status] => open [post_password] => [post_name] => caffe-csaba [to_ping] => [pinged] => [post_modified] => 2013-08-06 07:03:20 [post_modified_gmt] => 2013-08-06 05:03:20 [post_content_filtered] => [post_parent] => 0 [guid] => https://www.caffevergnano.com/blog/caffe-csaba/ [menu_order] => 0 [post_type] => blog [post_mime_type] => [comment_count] => 0 [filter] => raw ) [2] => WP_Post Object ( [ID] => 66648 [post_author] => 5 [post_date] => 2013-07-31 08:10:31 [post_date_gmt] => 2013-07-31 06:10:31 [post_content] =>I migliori caffè negli aeroporti più visitati di questa estate, e altri modi per “ammazzare” il tempo dell’attesa, da Bergamo a Chicago, dall’Harrods Cafè a quello delle pasticceria Ladurée o dell’originale Torta Sacher.
Gli aeroporti sono un luogo di attraversamento forzato per molte mete vacanziere. Ma non sono tutti uguali. In certi alle 6 del mattino non trovi nemmeno un caffè, in altri puoi fare shopping per ore, nella maggior parte il massimo a livello di ristorazione sono i fast-food. Ma anche gli aeroporti nascondono piccole sorprese. Soprattutto se si tratta di cercare un vero espresso a migliaia di chilometri da casa. Ormai l’aeroporto lo si sceglie, e non solo in base alla distanza da casa, ma anche per i suoi servizi. Ci sono alcuni come Orio al Serio (Bergamo) che costituiscono una meta in sé grazie al gigantesco shoopping mall, altri per l’architettura come l’opera di Calatrava a Bilbao, a Chicago per l’orto urbano e l’esperimento green unico al mondo. Ci sono aeroporti che si vorrebbero evitare, come Heatrow – al primo posto nelle classifiche per bagagli persi, o Linate alle prime ore dell’alba dove diventa difficile, se non impossibile, trovare un caffè – e senza fare troppo i selettivi sulla qualità. Cade a pennello l’apertura - all’aeroporto di Milano Linate, del Caffè Milano: un angolo che oltre a servire generose e indispensabili dosi di caffeina, offre un’esperienza incentrata sulla città meneghina, puntando a valorizzare il suo patrimonio storico-artistico e culturale. Se la formula funziona, il corner Caffè Milano verrà aperto anche nell’altro polo di Malpensa, ad oggi colonizzato solo da catene americane e autostradali. Fra le cose da non perdere nei vari scali del mondo, non si può non citare Ladurée all’aeroporto Charles de Gaulle di Parigi, una caffetteria-pasticceria che incarna l’innata raffinatezza francese, con le piccole scatolette color pastello ripiene dei meravigliosi macaron colorati adorati da Maria Antonietta. A Vienna la pasticceria Sacher che offre l’originale torta in un cafè-shop anche dopo il check-in. Inutile quindi comprare la leggendaria torta in centro e scarrozzarsela insieme alle valigie, basta comprarla già lì e accompagnarla con un caffè viennese (lungo e ricco di panna). Stessa cosa per le Palle di Mozart (originale in tedesco Mozartkugeln) ovunque e allo stesso prezzo che in città. C’è persino una pasticceria/panetteria della catena Ströck dove comprare dolci più rustici, biscotti e kranz. Se si parte da Roma da un anno a questa parte meglio prendere il treno verso Fiumicino dalla stazione Ostiense, dove ha aperto un nuovissimo Eataly: 4 piani interamente dedicati all’eccellenze dell’enogastronomia italiana, garantite SlowFood. Si fa shopping e si mangia in uno dei ristoranti, dedicati alle diverse specialità locali, dalla pasta alla pizza al pesce. Da Eataly Roma è anche presente un Coffee Shop 1882 Caffè Vergnano. A Copenhagen il junk food è stato soppiantato da catene di fast-healthy-food come Foodmarket (Terminal 1) che offre insalate, frullati, piatti espressi anche per vegetariani e vegani a prezzi assolutamente ragionevoli. A fianco dell’area imbarchi e vista aerei. A Monaco, nell’area centrale del Franz Josef Strauss International Airport, Caffè Vergnano offre tutta l’esperienza italiana del rito del caffè, terza caffetteria Vergnano nella città capoluogo della Baviera, oltre alle altre due presenti al Karlstadt Mall e Dachauer Straße 25. Se invece siete atterrati a Francoforte, è obbligatorio concedersi una tazzina al Beyond, un’oasi di relax con una strabiliante vista sulla pista aerea. Avete la fortuna di viaggiare a Kuala Lumpur? Fermatevi all’Old Town White Coffee, o al KopiTime o all’Harrods Café. A Heathrow, tantissime le caffetterie dove prendere un caffè, tra le più famose, Costa e ATM Coffee, prima catena inglese a puntare su commercio equo e solidale: nel menù, oltre a zuppe e alimenti bio, una enciclopedica selezione di caffè. Se si ha la fortuna di volare a Istanbul, in aeroporto ci si può fermare a scoprire il sapore del caffè turco, magari accompagnandolo da un tipico dolce locale a base di miele e frutta secca. Un momento passato in aeroporto porta sempre con sé qualcosa di emozionante. Che sia la partenza per una vacanza, per un viaggio di lavoro, oppure per accompagnare una persona cara o rivedere il volto di un amico, l’aeroporto è luogo, -o non luogo, secondo la teoria del sociologo Augè, di passaggio, di transizione. Un luogo quasi sospeso, che percepiamo come premonitore di promesse e cambiamento, di connessioni e collegamenti. Si può assaporare un momento così senza l’accompagnamento di una bella tazzina di caffè? No, o meglio, avrebbe tutto meno gusto, meno intensità. E per camminare con la valigia tra le mani e verso una nuova meta, ottimo sottofondo un brano di Music for Airports di Brian Eno. [post_title] => Terminal-Coffee [post_excerpt] => Terminal Coffee. I migliori caffè negli aeroporti internazionali più visitati di questa estate, e altri modi per “ammazzare” il tempo dell’attesa, da Bergamo a Chicago, dall’Harrods Cafè a quello delle pasticceria Ladurée o dell’originale Torta Sacher. 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Saremo vittime dei luoghi comuni, e non si offendano gli interessati, ma i tedeschi bevono il caffè peggiore del globo e sono quelli che a fine pasto, approdati in Italia, chiedono cappuccino o latte macchiato. Lo sorseggiano con tutta tranquillità come se fosse del tutto normale bere un cappuccio caldo dopo piatti di cozze marinate, lasagne o pizza quattro stagioni. Sarà normale in Germania, ma in Italia finiscono per ritrovarsi tra le facce più o meno stupite dei tavoli vicini – cameriere rassegnato incluso. La faccia della rassegnazione però viene ancora più spesso agli italiani, che oltrepassato il confine sanno che trovare un buon caffè diventa cosa rara, perché quello tedesco si è decisamente aggiudicato il podio della classifica dei caffè peggiori: lungo, molto annacquato, dal sapore forte, intenso e secco, quasi bruciato. Luoghi comuni. Perché negli ultimi anni, l’incrollabile fede del popolo teutonico nei confronti di cappuccini pieni di schiuma e caffè nerissimi, sembra vacillare, sostituita da un nuova dottrina: la cultura del caffè espresso. Eresia? No, una tendenza. Ma facciamo un passo indietro. Perché parlare proprio di caffè e Germania? Perché pochi sanno che qui, nella patria della birra e a dispetto di tutti i pronostici, la bevanda più consumata è proprio il caffè, con un buon 7,4 kg pro capite all’anno. Noi a stento arriviamo ai 6. Il caffè in Germania è bevuto a litri, in tazze capienti che contengono la bevanda ottenuta con la kaffeekanne, una macchinetta all’americana onnipresente nelle case: si mette a bollire l’acqua in un bollitore, un filtro di carta viene riempito con il caffè e posizionato su una specie di imbuto collegato ad una brocca. Si versa l’acqua bollente nel filtro, sul caffè, e si ottiene così un caffè lungo, anche se ricco di caffeina, e dal sapore meno rotondo e vellutato rispetto ad un espresso. Per chi viene dal’Italia, il loro caffè sembra cattivo, ma è solo questione di gusto. Le miscele in Germania sono di prima qualità e l’attenzione molto alta sull’argomento. Il sapore è “merito” di una tostatura diversa, più forte, che gli conferisce un retrogusto molto poco piacevole ai nostri palati. E che comincia ad essere poco piacevole anche al loro. Sarà per questo che negli ultimi sei o sette anni i tedeschi stanno scoprendo il piacere di bere un caffè all’italiana, e lo fanno in grande stile. Le statistiche mostrano infatti una crescita costante di caffè solubile, di cialde e capsule e non ultimo di caffè espresso, all’italiana e da bere al bar. “Vogliono conoscere le varietà, le differenze di gusto – ci svela Aurelio Sucquet, in Germania dal 1977 e gestore del Coffe Shop 1882 Caffè Vergnano del centro di Monaco, aperto due anni fa nella capitale della Baviera. “C’è questa moda e questo interesse per capire e appropriarsi della cultura dell’espresso è di tendenza e i tedeschi si stanno appassionando. Lo conferma il fatto che nel centro di Monaco c’è un’altissima densità di bar che servono espresso al banco, forse addirittura di più che a Milano. Ma il migliore della città dicono sia il mio. Ed è una bella soddisfazione”.Sul banco bar troneggia la macchina da caffè Belle Époque e ci si può accomodare in comode poltrone: il luogo ideale per il rito locale, quello della merenda a base di dolcetti e caffeina servita nei bar e nelle pasticcerie alle quattro del pomeriggio, rito che può protrarsi anche per qualche ora davanti ad una sostanziosa fetta di torta.
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È mattina presto sulla promenade des Anglais. Il sole già caldo batte sul ferro delle chaises blues, le tipiche sedie smaltate d’azzurro che costeggiano le spiagge di questa striscia di Mediterraneo... Nell’aria il tintinnio delle prime tazzine della giornata e l’inconfondibile profumo burroso di croissant invita a fermarsi in un cafè, e guardare: davanti, la distesa infinita del mare e le barche che si svegliano in un’alba d’estate; dietro, la terra e le facciate maestose di palazzi dall’antico splendore. Nizza. Ad un passo dai riflettori e dalla frenetica vita di Cannes, Nizza sembra uscita da una tela di Yves Kein, perfetta espressione del blu, o meglio ancora trasporta inevitabilmente fra le scene di un film di Truffault. Nizza, con le sue piazze, i prestigiosi hotel, i viali fiancheggiati da palme, è emblema e sintesi di uno dei luoghi più chic della Francia, patria del turismo d’elite e di miti cinematografici senza tempo. Terra orgogliosamente francese ma talmente vicina alla frontiera italiana da averne assimilato i sapori, la Costa Azzurra subisce l’influsso di due culture, per un risultato che è un sorprendente mix enogastronomico. Bistrò, ristorantini di pesce e café in riva al mare si susseguono sulla costa dove oramai il rito del croissant e del thè delle cinque è stato contaminato da colazione all'italiana e aperitivo a base di spritz. Proprio qui 12 anni fa è arrivato il primo bar dall'insegna italiana, un Coffe Shop 1882 Caffè Vergnano, e poco alla volta ha diffuso l'uso dell'espresso, della cioccolata e dell'happy hour. Ormai imitatissimi su tutto il lungomare. Seduti ai tavolini osservando il viavai della gente, il rito francese prevede che si ordini un grand tasse, cioè un caffè servito in tazza grande e allungato, un americano a cui aggiungere anche una generosa dose di latte. Servito con un bicchierino d’acqua e un quadretto di chocolat noir, nelle ore pomeridiane. Nella patria di Marie Antoinette non si mangiano indistintamente pane, croissant e brioche! Dall’alba al tramonto, a colazione o per un pausa pomeridiana, si beve quasi sempre café au lait, che corrisponde al nostro latte macchiato, da non confondere con il noisette, il caffè macchiato. Solo dopo pranzo i francesi indulgono in una tazzina di concentrato e intenso caffè nero all’italiana, ma amano farlo comunque a modo loro, chiedendo a gran voce: “Garçonne, un espressò!”. “Dopo anni, i nostri clienti storici, francesi, hanno imparato a bere l'espresso. Lo prendono ancora un po' lungo ma poco alla volta ci sono arrivati. Non nella pronuncia però!” Susanna, piemontese di Ivrea, ha passato il confine ormai più di dieci anni fa e continua la sua missione di esportatrice del gusto del caffè italiano in Francia. Solo ultimamente i suoi clienti francesi stanno cominciando ad apprezzare un caffè più ridotto, più vicino al nostro espresso insomma, ma “siamo ancora a mezza tazza”: preferiscono di gran lunga un espresso lungo, mentre molti altri turisti, specialmente russi, americani e inglesi continuano a farsi allungare il caffè con acqua calda a parte, come fosse un caffè americano. E nessuno, tranne qualche turista italiano, si affaccia al bancone per un caffè al volo. [caption id="attachment_447" align="alignright" width="399"] Interno del Coffe Shop 1882 Caffè Vergnano di Nizza[/caption] La sfida verso un espresso autentico è ancora dura da vincere, mentre quella della cioccolata è stata subito un successo. “Abbiamo introdotto una cioccolata all’italiana, caldissima e densa, diversa da quella più liquida e allungata tipica francese – dice Susanna – ma la nostra è veramente apprezzatissima e richiesta, soprattutto d’inverno, al punto che vengono persino da Cannes per bere la nostra chocholat à l’italienne”. A colazione siamo noi italiani ad aver importato ormai da tempo il cappuccio e brioche, ma lo abbiamo fatto in modo lessicalmente improprio – guai a chiamare così un croissant fatto a regola d'arte qui nella sua patria! Il croissant, o cornetto, è la classica mezzaluna di friabile pasta sfoglia arrotolata, servito vuoto o con un ripieno di crema o di marmellata. La brioche è un panino ricco al latte, leggermente dolce e soffice, da aprire a metà e farcire con marmellata e una noce di burro. Per gli amanti, il pain au chocolat è un fagottino di pasta sfoglia che racchiude un cuore di cioccolato morbido. “Abbiamo dovuto imparare dai francesi, per lo loro il petit déjeuner è una cosa sacra. Abbiamo introdotto, unico strappo alla nostra ferrea regola italica, la baguette con burro e marmellata”. A pranzo spopolano i panini tipicamente italiani, con crudo e mozzarella, o toast prosciutto e formaggio, e non si preparano croque monsieur o sandwich ricchi di mayonnaise. “Ma la vera innovazione è stata l'aperitivo, qui letteralmente non esisteva, e ora ce lo copiano tutti!” In Francia prima di cena non si stuzzicano patatine e noccioline, che al Coffe Shop 1882 Caffè Vergnano sono emigrate insieme a tartine, olive, e cocktails a base del classico bitter, tipo lo spritz o pestati come mojito con Campari o Martini bianco. “Gli stranieri che entrano da noi chiedono un espresso o uno spritz, vogliono ritrovare i sapori italiani e amano sentirci parlare in italiano. I nostri baristi fanno tendenza, su tutta la riviera”. [post_title] => Espressò e baguette: un petit déjeuner a Nizza [post_excerpt] => Come abbiamo esportato il caffè, e l’aperitivo, ai francesi. È mattina presto sulla promenade des Anglais. 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Cos’hanno in comune il gelato e la città di Torino? Apparentemente niente, poiché anche ai profani appare chiaro che la storia del gelato affonda le proprie radici e ricette nel profondo Sud della nostra penisola. Eppure, come forse solo pochi sanno, nel lontano 1884 proprio a Torino nacque la gelateria Pepino, una delle prime rivendite commerciali di gelato italiane, la prima nel nord Italia, responsabile di aver consacrato il gelato quale delizioso prodotto di massa. Da questo momento, la storia d’amore tra il capoluogo piemontese e il lussurioso alimento non si è mai fermata. A testimoniarlo, le tante gelaterie famose della città della Mole Antonelliana, tra le quali impossibile non menzionare la catena di gelaterie Grom, sbarcata già negli States, o l’annuale Gelato Festival. Torino è costellata di gelaterie e negli ultimi anni ha segnato la tendenza per il gelato artigianale di qualità e l’attenzione per le materie prime – due elementi che troppo spesso non vanno di pari passo. Gelato artigianale purtroppo non è sempre sinonimo di genuino, prodotto con ingredienti freschi e fatto “come in casa”, ed è proprio in questo campo che le migliori gelaterie si sfidano oggi: commercializzare un gelato buono e sano come quello fatto in casa. Alberto Marchetti è uno dei gelatai di questa “scuola”, torinese e già vincitore di premi come la “Miglior gelateria d’Italia” al Premio Golosario 2011 e della Stella Foodies 2012 del Gambero Rosso. Nelle sue gelaterie solo ricette di famiglia, ingredienti a km zero come latte fresco appena munto, panna, zucchero e latte condensato – l’ingrediente segreto che “dona quel gusto caramellato tipico del gelato di Torino”. Ed ecco la sua ricetta per il gelato al caffè, “molto carino e semplice da fare a casa, e direi un must italiano”. Ingredienti per una vaschetta piccola 200 ml latte intero 200 ml panna fresca 130 g zucchero 2 tuorli 100 ml caffè espresso Preparazione In una casseruola scaldate il latte con la panna, su fuoco basso e senza farlo bollire. Aggiungete lo zucchero e fatelo sciogliere, mescolando. Nel frattempo fate un caffè espresso o una moka da una persona. Aggiungete i 2 tuorli e continuate a mescolare finché non è perfettamente amalgamato. Aggiungete il caffè, spegnete il fuoco e lasciate riposare il composto. Quando è a temperatura ambiente, mettetelo nella gelatiera e lasciatelo mantecare per 35 - 40 min circa, seguendo le istruzioni della macchina. Conservate il gelato in freezer. [post_title] => Gelato artigianale al caffè [post_excerpt] => La ricetta del gelataio Alberto Marchetti, torinese DOC, per un gelato davvero artigianale, a Km zero e con ingredienti di prima qualità. Da fare in casa. [post_status] => publish [comment_status] => open [ping_status] => open [post_password] => [post_name] => gelato-artigianale-al-caffe [to_ping] => [pinged] => [post_modified] => 2013-07-23 05:48:17 [post_modified_gmt] => 2013-07-23 03:48:17 [post_content_filtered] => [post_parent] => 0 [guid] => https://www.caffevergnano.com/blog/gelato-artigianale-al-caffe/ [menu_order] => 0 [post_type] => blog [post_mime_type] => [comment_count] => 0 [filter] => raw ) [6] => WP_Post Object ( [ID] => 66633 [post_author] => 5 [post_date] => 2013-07-22 11:50:05 [post_date_gmt] => 2013-07-22 09:50:05 [post_content] =>Nell’immaginario collettivo e soprattutto davanti ad uno scaffale del supermercato un caffè 100% Arabica è per definizione migliore, più buono e più pregiato di una miscela di robusta. 100% falso. Eppure davanti ad uno scaffale del supermercato, guardando uno spot TV e nell’immaginario collettivo l’Arabica è sinonimo di qualità...
Magia del marketing? Partiti dal presupposto che la risposta fosse un sì, abbiamo in parte cambiato idea parlando con qualcuno che di pubblicità ne sa poco ma di chicchi, tostature e origini se ne intende davvero, Francesco Varetto, Responsabile di Produzione Caffè Vergnano. “La verità è che è solo questione di gusti e di qualità del caffè. La qualità del caffè infatti dipende da moltissimi fattori, come l’annata e il tipo di raccolta (manuale o meccanica), la lavorazione, il trasporto, che può avvenire in sacchi o in cisterne, ma non dalle varietà, che invece danno semplicemente un sapore diverso” .Origine e produzione
La Coffea arabica è una pianta più delicata, che cresce a quote più elevate e garantisce una resistenza inferiore rispetto alla varietà Coffea canephora, detta Robusta proprio per le sue caratteristiche di maggior vigore e per la presenza, quasi doppia, di caffeina. Ma questo non è indice di minore o maggiore qualità. Esistono Arabica di prima scelta, raccolti a mano, selezionati, ottimi, come ce ne sono altri, che sono qualitativamente peggiori perché derivano da ciliegie di caffè raccolte da terra, troppo mature o quasi marcescenti, o comunque da chicchi non selezionati. “Il Robusta Capiroyal proveniente dall’India, ad esempio, rappresenta invece un esempio di caffè Robusta molto pregiato: è raccolto a mano, controllato chicco per chicco, selezionato per dimensione e colore, dà come risultato un caffè molto pregiato con note speziate, di vaniglia, di pepe, molto complesso. Quando facciamo assaggiare il Capiroyal nel 90% dei casi chi lo sta bevendo lo preferisce a qualsiasi altro Arabica”La miscela perfetta
Gli Arabica sono in generale più dolci e delicati, i Robusta più legnosi, più astringenti, più corposi. Una differenza degna di nota riguarda anche l’aspetto e la consistenza della crema che si ottiene dalle diverse specie: la Robusta gonfia la crema che appare così più schiumosa e più grigia, mentre l’espresso 100% Arabica ha una crema più sottile, di color rossiccio quasi testa di moro, molto fitta e spesso compatta. La combinazione delle miscele permette di ottenere una crema compatta, densa e con un maggior spessore, per questo le miscele da bar hanno il 20% di Robusta al loro interno. “Persino nelle capsule Èspresso1882® Arabica c’è un pizzico di Robusta: serve ad aumentare la crema in modo naturale, a conferire profumo e un tocco di spezie e vaniglia”.Gusti geografici
Perché allora ci si fida di più dei 100% Arabica? Non è solo una ragione di marketing, effettivamente nelle case degli italiani, la maggior parte dei quali amanti della vecchia e cara moka, si tende a consumare il 100% Arabica perché essendo più dolce si addice di più al nostro palato, poco avvezzo a sapori legnosi, più amari e speziati. Per la caffettiera napoletana, ma più in generale in tutto il Sud, si prediligono invece miscele di caffè più ricche di Robusta, con chicchi più tostati, e qui il caffè si beve più amaro. Nel nord Europa infine si privilegiano tostature più bionde, chiare, con aromi fruttati e di miele: la french-press è la soluzione perfetta per questo tipo di miscele e per ottenere un caffè dolce e acido, con assoluta dominanza di caffè Arabica. [post_title] => Arabica o Robusta. Non è questione di qualità [post_excerpt] => [post_status] => publish [comment_status] => open [ping_status] => open [post_password] => [post_name] => arabica-o-robusta [to_ping] => [pinged] => [post_modified] => 2013-07-22 11:50:05 [post_modified_gmt] => 2013-07-22 09:50:05 [post_content_filtered] => [post_parent] => 0 [guid] => https://www.caffevergnano.com/blog/arabica-o-robusta/ [menu_order] => 0 [post_type] => blog [post_mime_type] => [comment_count] => 0 [filter] => raw ) [7] => WP_Post Object ( [ID] => 68671 [post_author] => 5 [post_date] => 2013-07-21 11:34:18 [post_date_gmt] => 2013-07-21 09:34:18 [post_content] =>Con ghiaccio, shakerato o raffreddato? Come fare un caffè da brivido e 3 ricette. Solo due ingredienti, ghiaccio e caffè, ma i caffè freddi non sono tutti uguali. Corto come un espresso, Ice-Latte, Frappacchino d’importazione Americana o shakerato – il caffè si fa freddo, ma solo a regola d’arte.
Il caffè raffreddato Lo si beve nel sud Italia e non è altro che caffè espresso lungo o caffè della moka lasciato raffreddare nel frigorifero. Lo si può fare a casa o al bar e zuccherare a seconda dei gusti, ma non è il più amato dagli intenditori, spesso infatti viene fatto con il primo caffè del mattino o raccogliendo gli espressi invenduti della giornata, allungati con acqua o ghiaccio. Non è sempre così, ma succede. In più con il tempo il caffè assume un sapore acido e perde l’aroma originale. C’è di meglio. Caffè in ghiaccio Fare un espresso, rovesciarlo in un bicchiere colmo di ghiaccio e bere subito, prima che i cubetti comincino a sciogliersi. La formula del “caffè in ghiaccio”, seppur possa apparire banale, ha persino un inventore, il barista leccese Antonio Quarta. Dal Salento degli anni Cinquanta il caffè in ghiaccio è ormai diffuso in tutta la Puglia, e con nomi vari e diversi un po’ in tutta Italia. Al Nord lo si chiama semplicemente caffè freddo e consiste in 3, di numero, cubetti di ghiaccio su cui rovesciare un doppio espresso. Se si vuole zuccherare, meglio farlo “a caldo” nella tazzina e con un cucchiaino di zucchero liquido (l’equivalente di 1 bustina di zucchero). Shakerato, DOC “2 battute di caffè, quindi la base un caffè doppio, fatto rigorosamente al momento, zucchero liquido a seconda del gusto del cliente e ghiaccio. Shaker. Scrivilo mi raccomando, shaker!” è bastato chiedere ad un barista professionista e un po’ puntiglioso per capire che c’è un mondo di caffè serviti male, e di persone che ci tengono a tenere alto il nome della categoria. Silvio Paterno, giovane barista torinese e volto del Coffee Shop Caffè Vergnano 1882 di Torino via Lagrange, ci tiene a precisare, sapendo che per un non addetto ai lavori [qui nella redazione il caffè lo beviamo, e basta N.d.R.] fare confusione è facile “Usare il blender, un mixer o un frullatore è proprio un errore, lo fanno per risparmiare tempo e fatica ma le lame tritano il ghiaccio e il risultato non si può assolutamente definire un caffè shakerato”. Questione di scienza. “Il movimento dello shaker, unito allo sbalzo termico fra ghiaccio e caffè, è l’unico strumento per poter avere una bevanda liquida, senza residui di ghiaccio e con una schiuma compatta. Nient’altro è un vero caffè shakerato”.Come aggiunta? Speriamo di non sollevare un moto di sdegno davanti alla possibilità di una variante. “Un pizzico di cacao, tre chicchi di caffè, so che vanno di moda, zucchero aromatizzato alla nocciola, alla vaniglia, al caramello. Io direi crema al whiskey o amaretto per una versione più classica e senza tempo”. Anche in Italia , Ice-Latte e Frappacchino Anche nei bar più tradizionali sono oramai entrate nel menù una serie infinita di varianti del classico binomio espresso-cappuccino. Stagionali o che occhieggiano alla moda americana dei “cafferoni” da passeggio, hanno trovato fra i giovani italiani terreno fertile, perché qui con un buon caffè di partenza sono anche meglio che all’estero. Semplice latte magro, freddo, da versare su un espresso doppio e da rendere ghiacciato con una buona dose di cubetti. Da servire in un bicchiere, con la cannuccia. Il cappuccino freddo è la versione più semplice ed estiva del classico cappuccio, italica. La differenza fra Ice-Latte e Frappacchino, due classici oltreoceano, non è invece semplice da capire, né in Italia nè quando li si cerca di ordinare in una caffetteria all’estero. L’Ice-Latte è una vera bevanda nazionale per gli Americani. Con Latte definiscono un latte macchiato, normalmente di dimensioni jumbo che si aggirano sul mezzo litro. “L’Ice-Latte è la versione estiva fatta con 1 caffè, appena per macchiare, latte, ghiaccio e un frullatore che rompa i cubetti. Prima di servire questa bevanda cremosa il ghiaccio rimasto intero viene filtrato per un effetto vellutato” da bere con la cannuccia. Il Frappacchino è la variante golosa, non filtrata e da bere per strada, nei classici bicchieri studiati apposta con cupola trasparente – fatti apposta per ospitare la generosa e doverosa aggiunta di panna montata. In Italia il caffè, al bar o con la moka, è sempre infuso a caldo, esistono però altri metodi per estrarre l’aroma dal chicco di caffè e senza l’uso del calore. Un esempio è il caffè alla turca o la french-press (la macchina da caffè con lo stantuffo che vendono all’Ikea, per intenderci) e richiede un numero di ore che va dalle 4 ad una notte intera. Poco pratico anche se, giurano gli esperti, il modo migliore per avere un caffè dal basso grado di acidità, morbido e naturalmente dolce. Questione di gusti, perché gli amanti dell’espresso ameranno comunque di più il caffè freddo “all’italiana”, che mantiene maggiormente le caratteristiche di robustezza di questo tradizionale. 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Nostro padre e nostro zio bevono espresso, nero, amaro, da cinquant’anni. Noi “giovani” della famiglia abbiamo imparato ad amare il Marocchino, a camminare per strada a New York scaldandoci con un Latte Grande o bevendo con la cannuccia un Frappacchino. Prima il nostro caffè lo si comprava in torrefazione, poi anche al supermercato, ora lo si ordina pure su internet e arriva a casa, in capsule monodose. Ma lo si può bere comodamente seduti in un Coffee Shop 1882, a Dubai. Un po’ come tutti, fino a qualche anno fa bevevamo il primo caffè sfogliando il giornale, ora abbiamo in mano un IPad o siamo già davanti al Pc. Ecco perché Coffee&News, lo storico magazine di Caffè Vergnano, sbarca ora su internet in un’edizione online, aggiornata e social. Torrefattori da quattro generazioni, ecco come ci definiamo in famiglia, perché se il mondo è cambiato in questi 130 anni di storia, non abbiamo mai cambiato mestiere. Siamo cresciuti in una famiglia con una storia alle spalle, il caffè lo abbiamo scritto nel DNA, siamo cresciuti giocando fra i sacchi di juta, abbiamo visitato le piantagioni di caffè, luoghi esotici mai sfiorati dal turismo. Il caffè lo abbiamo respirato, ancor prima di berlo, prendendo in mano la prima tazzina di espresso ad un’ età che qualunque madre considererebbe da manicomio... Inseguiamo l’archetipo dell’espresso perfetto, come fece il nostro bisnonno Domenico nel 1882 a Chieri, solo lo facciamo con strumenti sempre nuovi e diversi. Il caffè è uno stile di vita, lo è da sempre per noi che facciamo Vergnano di cognome, e lo è per milioni di persone, più o meno ovunque nel mondo. Se ne bevono, così si dice, 4 miliardi di tazzine ogni giorno, ma se ne sa davvero poco. I foodie alla ricerca dei prodotti tipici più inarrivabili sono un fenomeno in crescita, si fanno viaggi enogastronomici estremi… ma si continua a bere il primo espresso che si incontra per strada, anche se pessimo. Tutti vogliono fare i sommelier, ma si beve ancora “un caffè” mentre quasi nessuno ordinerebbe più un “un bicchiere di vino” qualunque. Tutti hanno in casa una moka ma in pochi sanno fare un caffè davvero buono e tirare fuori il meglio da questo magico ingrediente. Nonostante sia una bevanda antica crediamo che di espressi, cappuccini, Latte Art e tendenze globali ci sia ancora molto da dire e da fare. Cominciamo così, con un blog in cui poter raccontare insieme a giornalisti, collaboratori, baristi, e altri appassionati che cos’è il caffè oggi, in Italia nel mondo, e cercare di scoprire insieme che cosa sarà domani. Carolina, Enrico e Pietro Vergnano [post_title] => Caffeina, 2.0 [post_excerpt] => [post_status] => publish [comment_status] => open [ping_status] => open [post_password] => [post_name] => caffeina-2-0 [to_ping] => [pinged] => [post_modified] => 2013-07-10 16:10:37 [post_modified_gmt] => 2013-07-10 14:10:37 [post_content_filtered] => [post_parent] => 0 [guid] => https://www.caffevergnano.com/blog/caffeina-2-0/ [menu_order] => 0 [post_type] => blog [post_mime_type] => [comment_count] => 0 [filter] => raw ) ) [post_count] => 9 [current_post] => -1 [before_loop] => [in_the_loop] => [post] => WP_Post Object ( [ID] => 66654 [post_author] => 5 [post_date] => 2013-08-21 11:26:16 [post_date_gmt] => 2013-08-21 09:26:16 [post_content] =>“Macchiata” o con la brioche è una tradizione – da provare. Ecco che cosa ordinare a Catania, Enna o Messina.
Bere e mangiare qualcosa di caldo quando il sole batte a picco e il caldo diventa sahariano è una cosa impossibile. Così da maggio a settembre in Sicilia le abitudini cambiano e nei bar il classico espresso e il cappuccino con la brioche lasciano il passo alla loro versione gelata. La granita più famosa in Sicilia è la granita al limone, ma le tradizioni variano di paese a paese. Granita, più spessa e ghiacciata, o gremolata o cremolata, a consistenza più fine ed omogenea - le due ricette si sovrappongono e confondono spesso. Nel catanese si fa la granita di gelso, nel messinese quella di mandorle, a Bronte non si può non mangiare quella di pistacchio a Bronte. E la granita la caffè? Tipica del messinese, perché più che altro è il caffè stesso che diventa gelato: “ Il caffè freddo lo serviamo a -11°, con granetti di ghiaccio, nel bicchiere di vetro”. Deve restare granuloso e poi ci si aggiunge una cucchiaiata di panna. Oppure si usa per “macchiare” la granita al latte di mandorla - spiega Fabrizio, siciliano Doc, e gestore del Caffè Vergnano di Regalbuto, in provincia di Enna. Alla mattina, appena svegli, si fa colazione con la granita – nella brioche ovviamente – e dopo pranzo il caffè lo si beve davvero gelato. La granita con la brioche si mangia ancora prima del primo espresso della giornata, ma nelle giornate più calde non è difficile che diventi un sostituto del pranzo, o persino della cena. La si serve a parte, o aperta a metà e farcita con granita o gelato. Per i più golosi con aggiunta di panna, montata al momento. “Il miglior modo per mangiare la granita è sicuramente con la brioche. È una brioche apposita per il gelato, fatta con farina Manitoba, latte, uova, zucchero, e lunga lievitazione. Rotonda, dorata e lucente è quella con la classica pallina sulla cima. Una delle migliori, anzi la migliore non se ne abbiano a male i miei concittadini, è quella catanese, ma anche a Regalbuto ne abbiamo una ottima”. LA RICETTA Fare del caffè, espresso o con la moka, versarlo in una bacinella ampia e bassa e zuccherarlo a piacere. Lasciare raffreddare il caffè a temperatura ambiente. Infilare la bacinella nel freezer e dopo un’oretta, tirarla fuori, mescolare con una forchetta e rimettere in freezer. Basta fare questa operazione ad intervalli regolari –bastano un paio d’ore per fare la granita se si parte da una moka da 3 ad esempio, serve più tempo a seconda della quantità di caffè. [post_title] => Fenomenologia della granita siciliana [post_excerpt] => [post_status] => publish [comment_status] => open [ping_status] => open [post_password] => [post_name] => fenomenologia-della-granita-siciliana [to_ping] => [pinged] => [post_modified] => 2013-08-21 11:26:16 [post_modified_gmt] => 2013-08-21 09:26:16 [post_content_filtered] => [post_parent] => 0 [guid] => https://www.caffevergnano.com/blog/fenomenologia-della-granita-siciliana/ [menu_order] => 0 [post_type] => blog [post_mime_type] => [comment_count] => 0 [filter] => raw ) [comment_count] => 0 [current_comment] => -1 [found_posts] => 1099 [max_num_pages] => 123 [max_num_comment_pages] => 0 [is_single] => [is_preview] => [is_page] => [is_archive] => 1 [is_date] => [is_year] => [is_month] => [is_day] => [is_time] => [is_author] => [is_category] => [is_tag] => [is_tax] => [is_search] => [is_feed] => [is_comment_feed] => [is_trackback] => [is_home] => [is_privacy_policy] => [is_404] => [is_embed] => [is_paged] => 1 [is_admin] => [is_attachment] => [is_singular] => [is_robots] => [is_favicon] => [is_posts_page] => [is_post_type_archive] => 1 [query_vars_hash:WP_Query:private] => 1684719219b3e84706a58e671e316b06 [query_vars_changed:WP_Query:private] => 1 [thumbnails_cached] => 1 [allow_query_attachment_by_filename:protected] => [stopwords:WP_Query:private] => [compat_fields:WP_Query:private] => Array ( [0] => query_vars_hash [1] => query_vars_changed ) [compat_methods:WP_Query:private] => Array ( [0] => init_query_flags [1] => parse_tax_query ) )