Diana era arrivata un po’ in anticipo, cosa che non le capitava mai. Si era truccata più del dovuto, aveva cambiato idea diciotto volte su cosa mettersi e alla fine aveva optato per gli indumenti più scuri del guardaroba. Il nero snellisce, non impegna, fa fare bella figura e fa sembrare meno grassa. Era da un po’ che voleva parlargli, a Renzo, e alla fine aveva scelto quella mattina. Era andata vicino al suo ufficio, aveva fatto finta di passare per caso e lo aveva chiamato. Lo conosceva da poco ma lo amava già tanto, uno di quegli amori stucchevoli – un po’ tipo la meringata – come lo sono quasi tutti, all’inizio. Quelli che non ti nauseano solo se il protagonista sei tu. Ora però era un groviglio di dubbi, perché non c’è sentimento senza patimento, soprattutto se vieni fuori da una storia durata anni e se ormai ci metti tre ore per scegliere una foto su Facebook. Renzo arrivò al bar di corsa. Aveva le rughe al posto giusto e una giacca che gli calzava a pennello. Lei lo aspettava seduta tamburellando le dita sul tavolino. - Allora, che c’è di così urgente? - Niente… Passavo di qui e volevo farti un saluto. - Ma se stasera dormi da me! - Lo so… ma prima ci sono a cena i tuoi amici, e preferivo vederti un attimo da sola. Ci facciamo un caffè?
Lui annuì senza dirle che ne aveva già presi un paio, ma decise di assecondarla. Diana chiamò il cameriere e ordinò – come al solito – un macchiato caldo per lui e uno ristretto per lei, con acqua calda a parte. L’acqua calda a parte la faceva sempre sentire alla moda. Il cameriere non era ancora arrivato al bancone che lei lo richiamò indietro. - Mi dica, signora. - Vorrei anche un caffè freddo. - Quindi tolgo il ristretto e metto il caffè freddo? - No, no. Ne porti uno in più. - Quindi tre caffè. Il cameriere andò via con il suo blocchetto mentre Renzo la guardava sorpreso. - Ma perché ne hai ordinato uno in più? Freddo, peraltro… in questo periodo. Era giunto il momento di dirglielo ed era andata lì per dirglielo. - Tra nove mesi si sarebbe raffreddato comunque. Diana si toccò il pancino e provò a sorridere. Aveva provato quell’espressione tutta la mattina, ma le uscì un po’ peggio delle prove. Renzo dilatò le pupille e la guardò con gli occhi tra il felice e il perplesso, quelle emozioni così forti che non hanno nome. Chiamò di nuovo il cameriere, che non ne poteva già più, e gli disse: “Il mio lo porti corretto grappa, grazie.”