I 49 racconti di Hemingway

Sorrise e si fermò davanti al banco di un bar con una lucente macchina da caffè a vapore.

–        Cosa prende? – chiese il barista.

–        Nada.

–        Otro loco mas, – disse il barista, e gli voltò le spalle.

–        Una tazzina, – disse il cameriere.

(Un posto pulito, illuminato bene)

Puliti, perfetti, illuminati e illuminanti. Ma anche emotivi, incisivi, toccanti, tecnicamente inarrivabili, umanamente ricchi. Sono I quarantanove racconti: lettura imprescindibile per chi ama la grande narrativa. E ideali anche per chi, leggendo, sorseggia volentieri un rapido (ma memorabile) caffè.

La forma breve è probabilmente la cifra di elezione del Premio Nobel Ernest Hemingway, uno dei massimi autori del Novecento (nato proprio nel 1899…).

In particolare, in questa raccolta, assemblata per la prima volta nel 1938, il celeberrimo scrittore americano ci regala davvero il meglio di se stesso. E mette in campo quel “modo di scrivere che non c’era mai stato prima” come nota la sua traduttrice per eccellenza, Fernanda Pivano, cui dobbiamo la preziosa diffusione nel nostro Paese.

Frasi brevi, ma non solo. Frasi che restano sulla pagina come incisioni, come tagli, come crepe. E, considerato che, “c’è una crepa in tutte le cose, ed è così che entra la luce”, per citare Leonard Cohen, si può proprio affermare che questi racconti siano davvero assolutamente pieni di luce e illuminati bene.

 

Ed è proprio Un posto pulito, illuminato bene uno dei racconti ad aver catturato di più la mia attenzione. Perché, mentre nella maggior parte degli altri, al centro della narrazione ci sono corride, pugili, o amori controversi, qui l’essenzialità è la vera protagonista di una storia a dire poco minimale, ma incisiva. Di quelle che non si scollano più dalla memoria, dai cassetti più preziosi, tra i ricordi letterari più formativi.

Neanche a farlo apposta, il caffè è molto importante in questo racconto fulminante. Cinque paginette appena. Tanto dialogo, pochi tocchi ben assestati. La notte, un senso di solitudine, di vuoto da colmare. Un caffè semideserto, un cameriere, un anziano avventore e poco altro. La conversazione secca e decisa prende il sopravvento su tutto, insieme a una indescrivibile, struggente malinconia. E bellezza.

La bellezza è, alla fine, ciò che colpisce più di tutto. La semplicità grandissima di una scrittura inarrivabile.

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