La scoperta dell’America e delle sue ricchezze naturali: cosa è arrivato sulle nostre tavole da oltreoceano

Spesso si rimane sorpresi nel sapere che molti dei piatti tipici della tradizione culinaria italiana non esisterebbero se gli ingredienti principali non fossero stati importati dall’America. Vediamone alcuni.

Polenta, patate al forno, pasta col pomodoro, pasta e fagioli…cos’hanno questi piatti di esotico? “Assolutamente nulla!” penseranno in tanti: e invece non è così e i nostri avi non li hanno potuti apprezzare se non dopo la scoperta dell’America.
Ecco 10 cibi che sono arrivati sulle nostre tavole grazie a Cristoforo Colombo:

-tacchino
-pomodoro
-zucca
-mais
-peperone
-patata
-arachidi
-cacao
-ananas
-fagioli.

Il tacchino veniva allevato dalle popolazioni atzeche quando in Europa era ancora completamente sconosciuto. Fu proprio grazie alla scoperta delle Americhe che questo animale venne introdotto nel vecchio continente e cominciò a diffondersi e a conquistare i buongustai.
Oggi non possiamo fare a meno di considerare la polenta un piatto tipico della cucina del Nord Italia. È strano, quindi, pensare che il mais arrivò sulle nostre tavole solo dopo la scoperta dell’America, dove era già da secoli un ingrediente principe della cucina atzeca; uno dei nomi con il quale venne indicato, “granturco”, deriverebbe proprio dal suo essere “esotico”.
Il peperone compare per la prima volta nei diari di Colombo nel 1493 con il nome “aji”: nell’isola di Haiti gli indigeni, racconta il navigatore italiano, lo utilizzavano come spezia. Presto questo ortaggio incontrò il favore degli europei che cominciarono a preferirlo per il suo basso prezzo al molto più costoso pepe.
Tra gli ortaggi oggi più diffusi nella nostra cucina ce ne sono tre che all’inizio vennero accolti con grande sospetto e resistenza in Europa: la patata, la zucca e il pomodoro. La loro introduzione sulle nostre tavole fu lenta e osteggiata da quanti li ritenevano velenosi. La patata arrivò in Europa solo negli anni ’50 del 1500: usata in un primo momento per l’alimentazione del bestiame e nelle mense più povere, solo dopo due secoli conobbe il favore nelle corti per la sua versatilità e il suo sapore delicato. Anche il pomodoro venne considerato inizialmente velenoso e per questo importato in Europa da Cortès come pianta esclusivamente decorativa; si dovette attendere l’inizio del ‘600 per vederne la diffusione nell’Italia del Sud, favorita dalle condizioni climatiche. In breve tempo la popolazione locale cominciò a selezionarne le specie migliori fino a fargli assumere l’attuale colore rosso: come si intuisce dal nome, in origine questo frutto era color giallo oro. Introdotta in Portogallo e Spagna dai conquistatori, la zucca,  entrò timidamente nel ‘600 nelle mense più povere a seguito di un periodo di dura carestia che spinse la popolazione a provarla.
Anche l’ananas venne apprezzato da Colombo nelle piantagioni delle Americhe centrali attorno al 1503; oggi questo frutto è immancabile al termine dei pasti festivi, nei cocktail e come fresco snack estivo, ma la sua provenienza rimane tuttora esotica.
Ben diversa la sorte del cacao che già nel ‘500 venne apprezzato in Spagna con l’aggiunta di zucchero e spezie. Amato da Maya e Atzechi che lo ritenevano un dono divino, il cacao impiegò ben poco tempo a deliziare tutta l’Europa grazie alle sue qualità energizzanti e corroboranti, al suo gusto e, si dice, alle sue doti afrodisiache.

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