Eri meglio su Facebook

Luca bianchini per Caffè Vergnano

 

 

Silvia era sempre stata gelosa di Giulio, anche quando si trovavano soli in casa, perché in mezzo c’era sempre il terzo incomodo: Facebook. Giulio stava attaccato lì, e lei soffriva senza ribellarsi, lo osservava, cercando di capire dagli occhi se si stava divertendo, se stava giocando a Candy Crash, se flirtava con sconosciute, insomma si faceva un film dietro l’altro ed erano sempre film drammatici.

Appena poteva, controllava a che ora aveva cliccato “mi piace”, se aveva stretto nuove amicizie, e appena compariva una new entry partiva il terzo grado.

Alla fine, Giulio aveva veramente conosciuto un’altra ragazza su Facebook e aveva mollato Silvia così, una mattina dopo che gli aveva portato a letto il caffè con i muffin al cioccolato e la frittata con i bianchi d’uovo.

Silvia non si era più ripresa per mesi.

Poi, quasi per vendetta, aveva deciso che sarebbe rinata proprio da Facebook. Così, nei ritagli di tempo, andava a curiosare “gli amici degli amici” e, quando era interessata, lasciava qualche commento come le briciole di Pollicino. Era una bella ragazza e non avrebbe avuto problemi a farsi notare anche nella vita reale.

Così arrivarono i primi pretendenti a “chiederle l’amicizia”. Lei accettava solo quelli che accompagnavano la richiesta con due parole di accompagnamento.

Poi passava a vivisezionare le informazioni, lo status, le foto al mare, i gusti musicali. Controllava pure se avevano i denti cariati.

Un giorno si presentò lui: Massimo. Bello, sorridente, non invadente. 222 amici, un numero perfetto.

Aveva ingrandito tutte le foto per controllare il viso, la pancia, la stempiatura. Era semplicemente per-fet-to. La faceva pure ridere secondo i manuali di corteggiamento. Dopo due settimane, decise di dargli il numero di telefono.

Di lì a cinque minuti, superò anche la prova voce. Virile, sicura, calda.

Dalle chiamate passarono ai messaggi. Dapprima timidi, poi con qualche puntino di troppo…  e quando arrivarono agli emoticon con i bacini, gli occhioni o gli applausi, Giulio capì che doveva osare e le scrisse: “Aperitivo?”

E lei rispose: “Perché no.”

Si tirarono entrambi a lucido per venti minuti, e poi passarono l’ora successiva a cercare di sembrare usciti con le prime cose trovate in giro.

Quando Silvia arrivò al Gran Bar, lui era già seduto sugli sgabelli nell’angolo. Si sentiva così sicuro di sé che non si alzò neanche per salutarla, pensò lei. Era davvero un bel ragazzo.

Passarono un’ora a scherzare come se si conoscessero da sempre.

Al momento dell’uscita, quando stavano già pianificando una cena al ristorante, Giulio dovette affrontare la realtà e alzarsi in piedi. Era trenta centimetri più basso di lei. Silvia fece finta di nulla, e si chiese se non fosse stato meglio lasciare i tacchi a casa.

Lo salutò con un bacio di corsa e un “ci vediamo” molto vago.

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